Abbiamo spesso sottolineato come Milano, indebolitasi la spinta modernizzatrice dell’ultimo decennio, abbia oggi bisogno più di riflessioni ampie che di totonomi e polarizzazioni ideologiche. Siamo ancora lontani dal confronto elettorale per il nuovo sindaco e questo dovrebbe spingere la politica tutta a capire l’agenda del futuro senza riproporre quella del passato.

Una figura del panorama milanese attenta a questa chiave di lettura è Alessandro Aleotti: romagnolo di nascita (Montanelli diceva che “milanesi si diventa”), laureato alla Bocconi nella seconda metà degli anni 80. Dopo un inizio di carriera universitaria, ha fondato una delle prime dotcom milanesi, Datanord Multimedia, poi ceduta a Urbano Cairo nel primo boom della new economy. Oggi Aleotti ha creato uno strumento – AleottiLab – per riflettere su Milano. “L’agenda reale di Milano è oggi ancora invisibile – afferma – Il circuito politico e mediatico continua ad alimentare un gioco di specchi che riproduce da anni sempre gli stessi temi che, o sono del tutto mal posti – dalla sicurezza all’abitazione – oppure – come sta accadendo con la mobilità e l’inquinamento – sono già inseriti in percorsi risolutivi che provengono dall’evoluzione tecnologica”.

Aleotti non nasconde una critica profonda, non sulle persone, ma sui metodi e le direzioni da seguire. Molte sue iniziative sono state intraprese nel segno di dare vivacità al dibattito e di scoprire opportunità nelle pieghe della città consolidata. A cavallo del nuovo millennio, ha fondato e diretto un piccolo quotidiano d’opinione, Milano Metropoli, ma la passione per la città si è consolidata, in stretto rapporto con Piero Bassetti, con la direzione del think tank Milania, un luogo di analisi della trasformazione milanese in chiave glocal. Negli ultimi anni, poi, è riuscito a creare un piccolo miracolo calcistico coinvolgendo investitori statunitensi (tra cui Chris Gardner) per lo sviluppo internazionale del Brera calcio, un club che Aleotti creò nel 2000 con finalità più sociali che calcistiche, giungendo a quotare una holding al NASDAQ nel 2023.

Come dire che di spazi da riempire ce ne sarebbero. Cosa serve, un “governo cittadino” con più strumenti per decidere?
“Milano non ha le sue leve di potere a Palazzo Marino. Il sindaco è una figura rilevante più per quello che rappresenta che per il suo reale potere. Sala infatti è un manager e la città si sente ben rappresentata da questa identità. Poi, che per fare bene il sindaco serva un manager, questo non è necessariamente vero”.

Il nascere di Think tank da’ ‘idea della necessità di analisi e spunti, ma poi la città va amministrata. Mi passi la provocazione, ma quanti vedremo poi misurarsi con una candidatura?
“Non rispondo per altri, ma certamente non è il nostro fine”. AleottiLab è un luogo che riunisce figure diverse intorno a una interpretazione avanzata della città. E non è poco. Abbiamo svolto lavoro pubblico, organizzando una serie di incontri dal titolo ‘Milano invisibile’, ma ci stiamo concentrando molto su un lavoro di interpretazione e proposte di soluzione sui temi che riteniamo siano emergenti.”

Due sintesi, che toccano i temi caldi dell’abitare e delle giovani generazioni, le pubblichiamo in questa stessa pagina, ma ogni volta che abbiamo ospitato analisi, abbiamo verificato che il punto di partenza finisce per essere nella visione, nel concetto strutturale di città…
“Il problema strutturale della città è il non ri-coagularsi di una nuova borghesia. La classe dirigente esiste, ma è focalizzata sulle proprie reti funzionali. C’è uno sradicamento intellettuale che si mostra non solo attraverso la crisi di partiti e corpi intermedi, ma soprattutto nel fatto che chi esercita potere reale non sente più il senso di una responsabilità verso la città. Questo non vale solo per gli interessi economici, ma anche e soprattutto per i sistemi di sapere e pensiero. Ma è mai possibile che una città con dieci università non sia percepita innanzitutto come una città dei saperi? E poi mi chiedo, perché il giornalismo dedica tanto spazio alle peripezie della Milano inutile, dalle gintonerie agli influencer, mentre non sonda più il sottosuolo creativo, sociale ed economico della città?”

Milano però produce anche questo. Una metropoli non può essere “etica”, ma necessariamente complessa e fatta anche di ambiti che possono apparire “accessori”…
“Lo capisco, ma se il sapere e il pensare non tornano ad avvicinarsi in maniera autorevole ai sistemi di potere, il futuro di Milano non sarà più all’altezza del suo passato”.