Adesso è scontro tra civiltà
Usa-Europa, i dazi risvegliano i nostri impulsi naturali: è il momento di fuggire dall’omologazione culturale e dalla ricerca del consenso

C’è stato un tempo in cui il poeta faceva dire a Prometeo: «Già mi logora la storia di mio fratello Atlante, che laggiù a Occidente è costretto a stare immobile, reggendo sulle spalle la colonna del cielo e della terra». Quell’estremo Occidente, oggi, vuole scrollarsi un peso insopportabile e sembra che lo voglia fare incassando anche gli interessi per aver svolto un compito tanto desiderato quanto indesiderato. A nessuno è venuto mai in mente che Prometeo, il Dio umano della mitologia greca, era la personificazione della sensibilità?
Il mito insegnava proprio questo: da una parte c’era il mondo degli Dei nella sua imperscrutabilità e dall’altra un mondo ove avrebbe dovuto regnare sovrana la sensibilità. Quell’arte di sapersi adattare nella vita consociativa, dove l’uno senza l’altro non sopravvive. Il mondo contemporaneo, invece, sembra un recinto di ipocrisie dove lo Stato, da primattore, alimenta tutto ciò che gli serve per inanellare successi elettorali che garantiscano stabilità corporativa, e dove il cittadino, oggetto dei desiderata istituzionali, prosegue come un automa in cerca di identità. Cos’altro è uno Stato che, camuffato nei suoi poteri litigiosi, proclama la fluidità del genere, le quote rosa, l’uguaglianza dei diritti, la sostenibilità economica, e poi si disinteressa di verificare il modo in cui le libertà oggetto di questi proclami sono comprese dal cittadino? In un sistema elettorale democratico, quando il potere va alla ricerca del consenso diventa altissimo il rischio che la norma produca assuefazione senza condivisione. La sanzione di cui la norma è munita, impone al cittadino di collaborare alla sua applicazione prescindendo dalla sua corretta comprensione e innescando una pericolosissima deriva: l’omologazione comportamentale.
L’allentamento per mano dell’autorità di quei confini naturali, geografici o di genere, in cui l’uomo è cresciuto e si è identificato, determina lo svuotamento di quegl’impulsi che hanno accompagnato l’individuo nella sua formazione. E il processo viene accelerato dal totale disinteresse dello Stato verso la coltivazione di forme di arricchimento compensativo. Ad esempio, noi usiamo vituperare il comportamento del “bullo” senza considerare che queste forme di prevaricazione sono sempre esistite. Mentre nelle epoche passate il bullismo, quale batterio, veniva espulso dalla resistenza del bullizzato, oggi l’oggetto del bullismo non ha la forza per contrastare questa prevaricazione perché un ambiente iperprotettivo lo ha omologato a tal punto da calmierare gli impulsi biologici originari. Mentre queste tecniche normative spopolano in Europa, quell’Occidente di cui dicevamo prima sembra voler dedicare all’individuo-cittadino un ambiente di sviluppo della personalità più largo e meno omologato, restituendogli quell’ampiezza di confini in cui può regolare con maggiore sicurezza i suoi diritti e le sue libertà.
Sembra che sia in atto un movimento destinato al ritorno all’antico ambiente dei diritti naturali e genuini, che intende sostituire quello ovattato dei diritti inviolabili attribuiti dall’ordinamento statale sulla base, non di un senso comune, ma di un’esasperata ricerca del consenso. Una ricerca condotta senza un sostegno economico adeguato poiché lo Stato non è riuscito a offrire ai suoi cittadini strumenti di arricchimento compensativo, quali la formazione, la scuola e la cultura. In poche parole, la civiltà europea sembra perdere nello scontro con la civiltà americana per non aver saputo sostenere la formazione delle nuove generazioni dei cittadini. Spiace che questo recupero di una libertà dal contenuto moderno, ma dalle forme antiche, sia attivato da una civiltà giovane e non dalla culla della civiltà occidentale, ma la potenza economica, che si curva su sé stessa, è in grado di riattivare anche le costanti spirituali dell’evoluzione degli individui.
Esiste il rischio di osservare una paurosa deviazione di questo recupero di libertà antiche e occorre vigilare, ma non dobbiamo accettare questo abbandono culturale. Un abbandono che il vero Prometeo non avrebbe mai permesso, sapendo che la sensibilità deriva da una profonda conoscenza dell’ambiente di vita.
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