“Mia figlia Lavinia a 16 mesi è entrata sana all’asilo in un giorno d’estate, gattonando è uscita nel parcheggio ed è stata investita da un’auto. È tornata a casa in stato vegetativo”. Quello che racconta Massimo Montebove, poliziotto che vive a Velletri, provincia di Roma, è una tragedia enorme che ha colpito la sua famiglia. Un dolore reso ancora più insopportabile dal sospetto che il processo per accertare le responsabilità di quanto accaduto a sua figlia Lavinia possa andare in prescrizione.

I fatti risalgono al 7 di agosto 2018, più di tre anni fa. In pochi istanti la vita di Lavinia e della sua famiglia si è sgretolata in mille pezzi. “Quella mattina abbiamo portato Lavinia all’asilo e l’abbiamo affidata alla maestra con la solita fiducia – racconta Montebove – Aveva 16 mesi, gattonava ancora. Dopo 2 ore abbiamo ricevuto una telefonata della stessa maestra che gridava e ci diceva cosa era successo. Stavano correndo in ospedale. Una telefonata che ci ha cambiato la vita”.

Il papà da uomo delle istituzioni, con estremo rispetto delle indagini e fiducia nella giustizia, racconta quanto fin ora è stato ricostruito e che il processo dovrà poi chiarire. “Lavinia, gattonando, è uscita da sola nel parcheggio. In quel preciso istante la mamma di un altro bambino era nel parcheggio a bordo di un auto. L’ha investita colpendola alla testa. Gli altri bambini sarebbero stati all’interno mentre Lavinia era inspiegabilmente fuori da sola. Non si sarebbero accorti di nulla. Così è iniziato il nostro Calvario”.

“Questo asilo-centro estivo si trova in campagna, non è su una strada trafficata – racconta Montebove – Il parcheggio è piccolo, c’entrano solo 3 o 4 auto ed è contiguo a un’area giochi e allo stesso asilo. Lì ci si va solo per portare i bambini. Per come è strutturato a tutto potevi pensare tranne che all’incidente automobilistico”.

Sin da subito i sanitari dissero a Massimo e Lara Montebove, i due genitori di Lavinia, che non c’era nulla da fare per salvare la piccola. “Avevamo anche fatto dei colloqui per il trapianto di organi – continua il racconto del papà – Poi si è avverato un piccolo miracolo: la bambina contro tutto e tutti ha continuato a vivere anche se in stato vegetativo di semi coscienza”. A quel punto per Lavinia e la sua famiglia è iniziato un altro Calvario, quello giudiziario.

Tra il 2018 e il 2019 sono stati ascoltati oltre 30 testimoni – continua papà Massimo – C’è stato un rinvio a giudizio per la maestra accusata di abbandono di minore e per la mamma che ha investito Lavinia, accusata di lesioni colpose gravissime. Dopo un anno di indagini è arrivato dunque il rinvio a giudizio ma nello stesso momento la pandemia bloccava le udienze. A settembre 2021 poi l’udienza in primo grado, con un nuovo giudice che nel frattempo è cambiato, che ha dovuto disporre un nuovo rinvio di 6 mesi a marzo 2022. Sostanzialmente a tre anni e mezzo dal fatto inizia il processo in primo grado. In tutto questo ci sono circa 30 testimoni da sentire, è un processo che ha una sua complessità e i rischi di prescrizione ci sono e sono seri. Soltanto per gestire le udienze con tutti quei testimoni è difficile che il processo di primo grado possa arrivare a sentenza nel 2022 e forse nemmeno nel 2023. Poi ci sarà tutto il secondo grado, poi l’eventuale Cassazione. Insomma il rischio di prescrizione non è così remoto”.

E intanto Lavinia ha tantissime necessità. Sta nel suo lettino nella sua cameretta adibita a piccolo ospedale domestico, semi immobile, con la luce che le fa brillare gli occhi quando vede il fratellino e la sorellina che la coccolano. “È come una bambina di pochi mesi a cui bisogna fare tutto, dal cibo alle medicazioni. E poi è una bambina delicatissima e immunodepressa. Ora ha 4 anni e vive con il sostegno delle macchine e del nostro grande amore”.

Lara e Massimo seguono Lavinia 24 ore su 24, è dura ma loro sono felici di avere ancora accanto la loro piccola. E ogni minimo stimolo, ogni piccolo gesto o sorriso di Lavinia gli riempie il cuore e gli dà la forza per sperare e lottare ancora. “È stata seguita bene, io devo ringraziare i medici, gli infermieri e tutti i sanitari del Bambin Gesù che hanno fatto veramente tutto il possibile. Siamo stati seguiti veramente bene anche dall’Asl di zona. Abbiamo assistenza infermieristica domiciliare di 12 ore al giorno – dice il papà – nonostante tutto Lavinia ci dà tanti stimoli, riconosce noi genitori e anche il fratello, poi abbiamo avuto anche un’altra bambina che ci ha dato nuova speranza di vita. Lavinia ha una delicata interazione sia con il fratellino più grande sia con la sorellina più piccola. Margherita l’ultima arrivata le somiglia molto, oggi ha la sua stessa età di quando è stata investita”.

“Crediamo che giustizia debba essere fatta – conclude Montebove – Per giustizia io non intendo forche, noi non odiamo nessuno. Probabilmente la persona, essendo incensurata non andrà nemmeno in galera, ma non è questa la cosa a cui noi aspiriamo. Noi vogliamo solo che si svolga il processo che poi avrà il suo esito. Questo rischio prescrizione per noi è inaccettabile ed è la cosa che ci fa stare più male”. I due genitori non si arrendono e hanno creato una pagina Facebook, “Giustizia per Lavinia”, da cui portano avanti la loro battaglia per tenere i riflettori accesi e continuare a lottare per la loro piccola.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.