L’uscita infelice di Filippo Facci ha sollevato da subito un’ondata di indignazione, tanto forte da essergli costata un contratto pronto per lui in Rai. A Viale Mazzini invece – così dicono le voci – potrebbe guadagnare un posto Peter Gomez, direttore del sito de Il Fatto Quotidiano.

Al coro degli stizziti nei confronti della firma di Libero si è aggiunto in tempo zero il Movimento 5 Stelle, che però in passato è finito al centro di aspre polemiche in seguito a dichiarazioni deplorevoli di alcuni esponenti grillini. Ora i 5S sono esattamente in prima linea a pontificare e a battere i pugni indossando i panni da adirati. Davvero possono vantare coerenza? È doveroso rinfrescare loro la memoria, con la speranza che sia utile per prendere coscienza di quanto detto e fatto dalla galassia gialla. Così come è doveroso ricordare che anche Il Fatto Quotidiano, e non solo Libero, abbia tenuto in passato certe posizioni.

L’esempio più recente è la vignetta di pessimo gusto sparata in prima pagina dal quotidiano di Marco Travaglio. Quello che doveva essere un attacco diretto a Francesco Lollobrigida si è trasformato in un’immagine che da molti è stata bollata come «volgare e sessista». Il tutto iniziava con un cappello introduttivo: «Obiettivo incentivare la natalità. Intanto, in casa Lollobrigida…». Il disegno vedeva ritratti al letto una donna e un uomo di colore con un relativo dialogo: «E tuo marito?»; «Tranquillo, sta tutto il giorno a combattere la sostituzione etnica».

Il Fatto voleva ironizzare sulle parole pronunciate dal ministro dell’Agricoltura, ma a chi ha visto bene la vignetta non è sfuggito come sia stata tirata in ballo sua moglie Arianna (tra l’altro sorella del presidente Giorgia Meloni). In quel caso non era passata inosservato un silenzio assordante da parte del M5S, sintomo di forte imbarazzo per l’«opera» firmata da Natangelo. Va menzionata anche la vignetta – sempre de Il Fatto Quotidiano, sempre spiattellata in prima pagina – su Maria Elena Boschi: «Lo stato delle cos(c)e». Travaglio e l’autore Mannelli avevano respinto al mittente il polverone di critiche. «Ma poi ci vorrebbero pure tre lingue come le sue per leccarli tutti e tre».

Nel 2020 aveva fatto discutere l’editoriale di Marco Travaglio. Dal suo canto Annalisa Chirico sosteneva la necessità di una triade Salvini-Draghi-Renzi. Una tesi che, piaccia o meno, non meritava affatto di essere volgarizzata con quella che la giornalista aveva etichettato come un vero e proprio «insulto sessista».

Per non dimenticare la valanga di odio scatenata contro Laura Boldrini in seguito a un post di Beppe Grillo. Il 31 gennaio 2014 il comico genovese sul suo profilo Facebook si era rivolto agli utenti del web ponendo loro una domanda: «Cosa succederebbe se ti trovassi la Boldrini in macchina?». C’è chi ne aveva approfittato, cogliendo la palla al balzo per scaraventarsi contro l’ex presidente della Camera. E così messaggi carichi di sessismo, di violenza e addirittura di inneggiamento allo stupro si erano susseguiti l’uno dietro l’altro nei commenti. Poi il Movimento si era attivato prendendo le distanze e cancellando le volgarità più spietate, ma niente potrà rimuovere l’offensiva irricevibile di cui si sono macchiati diversi sostenitori pentastellati.

Nel 2001 Grillo aveva definito Rita Levi Montalcini «vecchia putt…» nel corso di uno spettacolo a Fossano nel Cuneese. Non contento, più tardi aveva rincarato la dose: «Quella che c’ha lo zucchero filato in testa. Mi fa una denuncia penale a 94 anni, in Italia un processo penale dura mediamente dai 10 ai 15 anni. Io cosa devo fare? Aspetto con ansia. Vaff…».

Altri esempi non mancano. Il video di Casalino che nel 2004 affermava: «Dico sempre che a me i vecchi fanno schifo. Tutti quei ragazzi down a me dà fastidio. Non mi va di stare dietro a uno che è down». Anche se lui aveva spiegato che la situazione andava contestualizzata perché si trattava di un corso in cui si sviluppava lo studio dei personaggi forzandone i caratteri. Ma comunque non era stata una bella scena.

Nel 2018, a pochi giorni dalla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, Matilde Siracusano di Forza Italia era stata coperta da insulti sessisti e pesanti invettive. La sua «colpa» che aveva scatenato un’aggressione verbale via social del genere? Aver preso le difese di Silvio Berlusconi. Tanto era bastato per attaccarla in maniera vile sotto il video del suo intervento in Aula rilanciato sui social dai grillini.

Nel 2014 le parlamentari del Partito democratico avevano denunciato un’espressione volgare di Massimo De Rosa. «Offende pesantemente le deputate Pd: ‘Siete qui solo perché avete fatto pomp…’. Linguaggio maschilista, sessista e fascista», aveva riportato Alessandra Moretti.

Da anni va avanti la lotta per combattere la visione di una società maschilista e un atteggiamento generale sessista che talvolta prendono campo in diversi settori. Ecco perché occorre affrontare questo tema senza ambiguità e senza sminuire delle uscite volgari come se fossero semplici battute da bar. Proprio questo apre le porte a irripetibili epiteti e a rigurgiti misogini di cui l’Italia certamente non ha bisogno. Così come non ha bisogno della doppia morale: il sessismo va condannato sempre, non solo quando a praticarlo sono gli avversari.