Il tempo delle cifre. Ma anche del percorso condiviso, finalmente, con il Governo ma anche con le Regioni, per frenare il crollo del settore industriale sotto i colpi del virus. Vito Grassi, presidente dell’Unione Industriali di Napoli, visualizza punto per punto, prima di un incontro con la Prefettura, la lettera partita dal numero uno di Confindustria, Vincenzo Boccia, verso Palazzo Chigi. C’è consapevolezza che il microcosmo delle imprese abbia inciso sull’Esecutivo, sulla presa di coscienza della potenziale interruzione – senza le modifiche sollecitate e poi finite nel decreto sulla sospensione delle attività non essenziali fino al 3 aprile -, di forniture imprescindibili per le attività essenziali del Paese.

Nonostante la traccia condivisa con il Governo, il rischio per le aziende è di chiudere ora e non riaprire più. Anche in Campania, dove la domanda è assai prossima allo zero per settori come turismo, commercio, tessile, ma anche rami di eccellenza. Come l’aerospazio che tradurre progetti in pezzi dovrà chiedere l’autorizzazione alla Prefettura. “Il decreto firmato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, testimonia la volontà del Governo di stare vicino alle imprese, ma è una soluzione tampone, con una copertura finanziaria, che va rivista, potenziata. Ci sono nodi da sciogliere, parti da migliorare, ma il clima è costruttivo, si procede tutti insieme per uscire al più presto dalla crisi dovuta al Covid-19”, spiega il numero uno dell’Unione Industriali di Napoli. Insomma, passi in avanti. Voci ascoltate, ma la soluzione del giallo è rimandata. Partendo dalla liquidità per le imprese.

“Va sciolto presto il nodo del credito per evitare conseguenze irreversibili, certo, il differimento di soli quattro giorni degli adempimenti fiscali per le aziende che fatturano oltre due milioni di euro, che producono ricchezza per il Paese, mi è sembrato un grave errore. Piuttosto, si pensi a una pace fiscale, con restituzione entro cinque anni, preceduta da un periodo di preammortamento. Le aziende sono distrutte dalla furia del Covid-19, l’emergenza sanitaria è al primo posto ed è complesso fare scelte, ma le imprese devono continuare a vivere”. La Regione Campania, per immettere liquidità nel circuito, sta estinguendo alcuni crediti vantati da tempo dalle imprese.

“Ed è anche questo il segnale di vicinanza, garantito anche dal Governo con il ministro per il Sud Provenzano che ci ha rassicurato sull’applicazione del Piano per il Meridione. Ora siamo ascoltati. C’è un tratto, ampio, di strada assieme da percorrere. La Regione per esempio potrebbe reperire risorse per le imprese dai fondi comunitari per il periodo 2021-2027 ma anche da quanto rimasto in cassa per il 2014-2020”, propone Grassi, che evidenzia il filo sottile su cui danzano alcune aziende, nonostante il decreto governativo: “L’automotive, per esempio – spiega Grassi -, ovviamente è fermo, chi può procedere ora ad acquistare un’automobile ma il settore produce anche le valvole per i ventilatori e così altri comparti che realizzano la componentistica indispensabile per la produzione di servizi essenziali”.

E se è ritenuto positivo per le piccole, medie e microimprese la sospensione fino al 30 settembre delle scadenze di pagamento per prestiti, mutui e canoni di leasing, poi c’è il muro dei numeri. Delle stime. Secondo il Cerved se la crisi dovuta al Covid-19 esaurisse la sua forza entro maggio, per il pacchetto turismo e commercio (112 miliardi di euro di ricavi nel 2019) si potrebbero ipotizzare perdite per 32 miliardi di euro nel biennio 2020-2021. Se invece divieti, chiusure, blocchi, ordinanze dovessero proseguire sino a Natale, il saldo finale sarebbe di 73 miliardi. “La domanda interna è pari a zero tranne che per alimentare e farmaceutico.

La Campania non presenta nessuno scenario differente rispetto al resto d’Italia. La modalità di accesso alla cassa integrazione straordinaria per le piccole aziende è troppo complicata e la cifra stanziata, 1,3 miliardi di euro, basta per 350 mila lavoratori. C’è chi resterà dietro, non è tempo, come ha giustamente detto il presidente della Commissione Europea Ursula von der Layen, di scostamenti e debiti, ma di mettere soldi nel sistema, eliminando totalmente la burocrazia”.