Gennaro fa il parcheggiatore abusivo. Non sta bene, ma non ha alternative. Arrotonda facendo anche il guardiano notturno quando chiude un locale della zona dove “fa il mestiere”. Non ci si crederà, ma è una brava persona. Ha tre figli, uno sta preparando il concorso per entrare in Accademia Aeronautica. Qualcuno dirà: poteva fare meno figli, cercare un lavoro onesto e non aspirare a far parte della competizione per l’ascensore sociale. Facile a dirsi se si sta da una parte della trincea che il Coronavirus sta scavando nella nostra collettività.

Se si sta dalla parte di Gennaro, che da dieci giorni non porta un euro a casa e non ha diritto a esistere – altro che ammortizzatori sociali – il discorso è diverso. Gennaro mi ha confessato che un medico, che lo stima, gli ha pagato l’affitto per tutto il resto dell’anno.  È giovane, Gennaro, ma piangeva nel raccontarlo. Commozione e gratitudine, e smarrimento, paura. È un uomo della strada, ma ho premesso che è un uomo perbene anche se parcheggiatore abusivo.  Gennaro è solo una delle migliaia e migliaia di persone (e per di più anello più debole di altri) che producono a Napoli (ma è un discorso che per estensione vale per tutto il Mezzogiorno) una economia parallela, sommersa e nascosta, che però dà da mangiare alle famiglie di quelle stesse persone.

Un territorio che ha perso sostanzialmente la rete industriale, che non ha risolto il conflitto con la multinazionale della criminalità organizzata, e che, per colpa del Coronavirus, vede a rischio i due circuiti produttivi rimasti solidi (Turismo e Agroalimentare) rischia di vedersi scoperto con tutte le sue piaghe, e senza più nulla che possa frenare una massa critica di persone che avranno prima o poi bisogno di gridare il proprio diritto alla sopravvivenza. Costi quel che costi. È un discorso amaro e pericoloso. Ma realistico.

Leggete i due servizi di Viviana Lanza e Nicola Sellitti. La cameriera pagata a nero, il parcheggiatore abusivo, il ragazzo del bar pagato 30 euro al giorno più eventuali mance, la babysitter (a nero) che per ora non lavora perché la sua signora fa lo smart-working, lo stagionale irregolare di una struttura turistica, gli ambulanti del Lungomare “liberato”, i manovali dell’est semi-irregolari che lavorano nei cantieri di ristrutturazione case, i commessi dei negozi che facilitano il riciclaggio e sono pagati a nero, le migliaia di disperati (bianchi e neri) portati dai caporali sui campi e nei frutteti della regione, sono spazzati via dalla possibilità di “arrangiarsi” (parola indegna per un Terzo Millennio), e quindi di vivere, per un tempo che rischia di essere lunghissimo.

E’ un dramma, è bene saperlo, che può avere due esiti possibili: un ulteriore incremento del reclutamento della manovalanza criminale (con crescita di numeri e violenza); o un magmatico ribollire del conflitto sociale con sbocchi gravissimi (altro che Whirpool!). Di certo non finisce a tarallucci e vino. Bisogna saperlo. Pensarci. Prevenire. Provvedere. Qualunque sia il posto che occupiamo in questa guerra ormai in corso, tra chi può e chi no.