Ritorno a Wuhan, un anno e mezzo dopo l’esplosione della pandemia da coronavirus che ha sconvolto e cambiato la storia di questi anni. La cittadina dell’Hubei, la città-focolaio che il mondo ha imparato a conoscere, dove per la prima volta fu rilevato il nuovo coronavirus a fine 2019, riscopre il contagio e corre subito ai ripari. È lockdown e tamponi a tappeto, altro che Green Pass come si dibatte in Italia. Non badano alle mezze misure in Cina.

Era toccato alla capitale Pechino nei giorni scorsi, dove diversi quartieri erano stati chiusi dopo il tracciamento della cosiddetta variante Delta – la stessa diventata dominante in Italia e che ha fatto schizzare le curve dei contagi in tutta Europa e in tutto il mondo. Il primo focolaio cinese di Delta era stato riconosciuto all’aeroporto di Nanchino. Lo scalo è stato chiuso.

La preoccupazione a Wuhan è scattata dopo la segnalazione di sette casi nell’ultima settimana, i primi in dodici mesi. I casi riguarderebbero tutti lavoratori immigrati. È stata quindi stretta nel lockdown l’area di Zhunkou Street dov’è stata tracciata Delta. E sono partiti i testa a tappeto, a 11 milioni di abitanti.

Sono comunque oltre 300 i contagiati registrati in quindici diverse province cinesi, tutti variante Delta, in appena dieci giorni. Il virus è stato tracciato in almeno 27 città. L’ondata – con numeri comunque imparagonabili a quelli con i quali stanno convivendo gli italiani – ha spinto le autorità a rinviare l’apertura delle scuole. L’epicentro del contagio sembra essersi intanto spostato da Nanchino a Zhangjiajie nello Hunan.

Le autorità, che stanno provando a prevenire una vera e propria nuova ondata, attribuiscono i casi alla stagione turistica interna, con milioni di persone che si spostano da una parte all’altra del Paese o che semplicemente raggiungono amici e parenti. Sarebbero circa cinquemila i potenziali portatori di virus secondo le autorità. Nonostante i numeri contenuti le misure di Pechino lasciano trasparire apprensione.

Le origini del virus

Non si è mai placato il dibattito sulle origini del virus: l’ultimo capitolo della saga che ha visto protagonisti soprattutto Cina, Stati Uniti e Organizzazione Mondiale della Sanità ha riguardato Pechino che ha accusato l’Oms di mostrare “arroganza verso la scienza”. L’Organizzazione aveva proposto una nuova missione di ricerca sulle origini del covid-19 in Cina. Origini che non escluderebbero una “fuga dal laboratorio”.

Skynews Australia lo scorso giugno ha pubblicato un video nel quale si mostrano pipistrelli vivi in gabbia all’interno dell’Istituto di Virologia della città dello Hubei. L’Oms aveva precedentemente definito l’ipotesi “cospirazionista” nel suo rapporto. Un report dell’intelligence americana diffuso dal Wall Street Journal ha inoltre raccontato il caso di tre ricercatori dell’Istituto di virologia della città cinese, nella Regione dello Hubei, dove l’epidemia è esplosa, contagiati gravemente già a novembre 2019. Dubbi sulle informazioni recuperate dall’Oms e fornite da Pechino sono stati espressi anche dal virologo della Casa Bianca Anthony Fauci e dal Presidente americano Joe Biden.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.