L'intervista
25 aprile, 80 anni dalla Liberazione. Lombardi: “È diventata una manifestazione di parte, ed è grave. In Parlamento ci è voluto Re Carlo per ricordare la lotta al nazifascismo”

Aladino Lombardi, storico della Resistenza cresciuto nella sinistra socialista, è in partenza per Fossoli. Terrà il discorso alla memoria dei martiri del campo di concentramento. Poi ripartirà per gli incontri con le scuole. Il Presidente della Repubblica gli ha conferito il titolo di Commendatore della Repubblica proprio per l’incessante impegno per la memoria della Liberazione.
Ottant’anni dalla Liberazione. Una festa che va ricordata nella sua solennità.
«Esatto. Va richiamato alla memoria di tutti, con questa data, che è stato sconfitto il nazifascismo ed è nata la nostra Costituzione. Piero Calamandrei diceva che dietro a ogni singolo articolo della carta costituzionale c’è il sacrificio di donne e uomini che hanno versato il proprio sangue per la libertà del nostro paese».
Una festa cambiata nel corso del tempo e diventata oggi una manifestazione politica di parte.
«Sì, ed è grave che sia così. Un grave errore. All’inizio il 25 aprile era la cerimonia dell’unità nazionale, celebrata da militari e civili, religiosi e laici. Andavano in piazza monarchici, liberali, democristiani. Perché si celebrava la riconquista della libertà di esprimere liberamente il pensiero di tutti. Ottant’anni fa quella Liberazione permise di scegliere tra Monarchia e Repubblica: qualsiasi approfondimento critico che si può fare sulla Resistenza deve respingere le visioni revisioniste e negazioniste. Bisognerebbe ricordare, soprattutto ai più giovani, qual era la vera natura di questa festa».
In una democrazia matura, il 25 aprile è patrimonio condiviso…
«Per ricordare con forza che c’è stata la lotta al nazifascismo in questo periodo c’è voluto Re Carlo d’Inghilterra, in Parlamento. Che poi è andato a Ravenna a ricordare il sacrificio dei soldati inglesi. I vecchi partigiani – quelli veri, quelli che avevano ancora sulla pelle il segno dei combattimenti – dicevano: “Abbiamo scritto la Costituzione per chi c’era, per chi non c’era e per chi era contro”. La Resistenza non può e non deve diventare di parte».
D’altronde in Italia ognuno rivede la storia a modo suo, e vale per tutti.
«Il 25 aprile si celebra la liberazione dell’Alta Italia. La fine della guerra in Italia è stata firmata il 29 aprile alla Reggia di Caserta, alla presenza delle forze alleate. L’8 maggio è stata la fine della guerra europea, il 9 maggio la fine della guerra per la Russia. La guerra è un prisma, si può sempre guardarci dentro da un lato diverso. Ma sa cosa disse De Gasperi, parlando ai partigiani?»
Ce lo ricordi.
«Diceva: “Dobbiamo superare lo spirito funesto delle discordie. Si devono lasciar cadere i risentimenti e l’odio. Si deve perdonare”. Era il suo discorso ai comandanti partigiani, pronunciato nel 1950. Fu sua la proposta di istituire la festa nazionale il 25 aprile, e parlava allora a chi aveva combattuto sul serio. Oggi ripetere in pubblico quelle parole di De Gasperi non sarebbe facile».
A Milano, è stato reso noto, il corteo organizzato da Anpi sarà aperto da uno striscione di palestinesi che inneggiano alla cancellazione di Israele. Non è uno snaturamento?
«Scusi, preferirei non parlare dell’Anpi. Obiettivamente c’è una grande carenza di cultura politica. Sarebbe sufficiente conoscere il contributo dato dalla Brigata Ebraica alla lotta al nazifascismo, per porre fine ad una conflittualità esistente da lungo tempo tra ebrei e palestinesi, rispettando così la risoluzione Onu che prevede la creazione di due popoli, due Stati. Ma non ci sono più gli uomini e le donne che hanno fatto la Resistenza. E si nota molto».
Cosa vuole dire?
«A Ravenna c’erano un comunista, Arrigo Boldrini e un democristiano, Benigno Zaccagnini. Boldrini gli disse: “Carissimo Zaccagnini, il primo di noi che se ne va, fa l’orazione funebre all’altro”. Se ne è andato Zaccagnini per primo, gli fece una emozionante orazione funebre Boldrini. Quello era lo spirito del 25 aprile: unire tutti, cancellare le differenze».
C’è un problema, diceva, di cultura politica?
«Questo è il tema vero. Oggi più che mai andrebbe studiata la storia, e vale per tutti. In una democrazia matura il 25 aprile è la festa della memoria di tutti, senza fischi, fumogeni, contestazioni. Una ricorrenza da vivere con serietà e solennità, con spirito unitario. Io cerco di farlo, umilmente, da anni. Guardando a un certo modo di rappresentare il 25 aprile, certe volte mi viene il magone: della nobiltà dei padri della patria che hanno dato il sangue per noi, rimane molto poco».
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Riceviamo e pubblichiamo
Giovedì 24 ho rilasciato una intervista al quotidiano Il Riformista nella quale richiamavo l’esigenza di celebrare il 25 aprile in maniera unitaria. Il titolo dell’intervista («Lo storico Lombardi contro l’Anpi») non rispecchia il mio pensiero, proprio perché il 25 aprile non deve vedere contrapposizioni tra coloro che si impegnano affinché la memoria abbia un futuro.
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