La ministra Cartabia ha scelto il successore di Dino Petralia alla guida del Dap. Il Dap è il dipartimento del ministero che si occupa di carceri. Il capo del Dap è una figura molto importante, perché è lui che detta le linee della politica carceraria. E la politica carceraria, in un paese moderno, è il termometro della civiltà: tanto più è una politica democratica, costruita sulla difesa dei diritti – e non sul mito della punizione, della ferocia, della vendetta – tanto più il grado della civiltà è alto. E viceversa.

La ministra Cartabia ha scelto come successore di Petralia un magistrato molto esperto e del quale tutti riconoscono le capacità, la cultura e l’alto livello professionale. Si chiama Carlo Renoldi. È un consigliere di Cassazione ma è stato per molti anni giudice di sorveglianza. Cioè è un magistrato che le carceri le conosce bene. In passato il capo del Dap è stato spesso un Pm, cioè un professionista privo di esperienza nel campo della politica penitenziaria. La notizia della scelta di Renoldi ha suscitato allarme e protesta in alcuni settori della magistratura, i quali hanno subito chiesto e ottenuto l’intervento dei partiti reazionari presenti e maggioritari in Parlamento. I quali hanno risposto abbastanza in fretta all’appello. Il primo a far squillare le trombe è stato il capo vero dei 5 Stelle, Marco Travaglio – che ormai credo che tra i grillini sia riconosciuto come l’unica autorità pensante – il quale ha scagliato il suo giornale contro Renoldi. Il “Fatto” ha spiegato che Renoldi è contro l’ergastolo ostativo, contro il 41 bis, contro Falcone e Borsellino contro l’antimafia. Può un personaggio così border-line assumere un incarico tanto delicato?

Vediamo intanto se le accuse del “Fatto” sono accuse vere. Renoldi, come tutte le persone che studiano e amano il diritto, non ama l’ergastolo ostativo per una ragione essenziale: perché è una misura che viola in modo evidente la Costituzione. E Renoldi più volte e in modo un po’ sfacciato si è dichiarato, effettivamente, favorevole alla Costituzione. Renoldi non ama particolarmente neanche il 41 bis (cioè il carcere duro), anche se – a differenza dei garantisti totali, come per esempio i radicali ma anche, nel nostro piccolo, noi del Riformista – non chiede di abolirlo ma pensa solo che vada mitigato. Renoldi ha sempre detto che nelle carceri bisogna bilanciare le esigenze della sicurezza con le esigenze del diritto, e per bilanciarle non si può permettere che le esigenze della sicurezza schiaccino il diritto.

Non è vero neppure che Renoldi disprezzi Falcone e Borsellino. Tutt’altro. Le frasi che Travaglio e i suoi gli imputano sono quelle nelle quali Renoldi descrive l’ottusità dell’antimafia professionale (che non è lotta alla mafia, è semplicemente retorica antimafia). E spiega che usare la retorica dei “martiri dell’antimafia” (che pure, precisa, vanno giustamente celebrati) per scagliare il loro sangue contro i diritti, e chiedere pene esemplari, non è una cosa molto bella. Il richiamo di Travaglio, comunque, ha funzionato immediatamente. Domenica si sono pronunciati uno a uno moltissimi parlamentari Cinque Stelle. Poi è partita lancia in resta la Lega, che ha speso persino il nome della sua avvocata di riferimento, Giulia Bongiorno. Chiedendo di rinunciare alla nomina di Renoldi e di mettere a quel posto un tipo tosto, in linea col populismo reazionario (finalmente riunificato, dopo la ferita del Papete) di Lega e travaglini.

Il ragionamento è semplice: le carceri sono luogo di punizione e dunque devono essere il più possibile infernali. Il capo della carceri deve essere un aguzzino, guai se quell’incarico finisce nelle mani di un liberale. La Costituzione può tranquillamente essere usata se serve a polemizzare con Berlusconi o con Renzi, ma certo non va accettata per i principi folli e modernisti e volterriani, che, se presi sul serio, finiscono con l’annientare lo Stato etico e col mettere nell’angolo la magistratura di trincea, impapocchiandola con la storia insopportabile dei diritti, della necessità delle prove, e persino con il ruolo degli avvocati. Cartabia ora avrà il coraggio di prendere a schiaffo Lega e travaglini? Non ci resta che sperare.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.