Quando Alberto Tomba ha deciso di smettere con lo sci, nessuna conferenza stampa, nessun evento per annunciare il ritiro. “Sarebbe stato un evento triste. Un saluto alla Totti, con magone e lacrime? Assolutamente no. I pianti li ho fatti per i cavoli miei, ecco il mio carattere riservato”, ha raccontato l’ex campione in una lunga intervista a Il Corriere della Sera. 56 anni, a 14 dal suo ritiro la Rai gli dedicherà un documentario. Ancora oggi resta uno degli sportivi più amati e riconoscibili dagli italiani: un atleta che da solo avvicinò in tanti al suo sport.

La sua prima volta sugli sci era appena un bambino. “Avrò avuto 7 anni, o forse 5, ma non rammento nulla. Non immaginavo però di arrivare a certi livelli, tutto è andato oltre i sogni: pensavo di arrivare ai Giochi, ma non di vincerli e men che meno di conquistare tre ori”. Era il 1988 e il Festival di Sanremo si fermò per assistere al secondo oro di Alberto Tomba, a Calgary. Qualcosa di epocale.

Il fascino che esercitava se lo spiega così: “Estroverso, bolognese, con la faccia diversa dai montanari che hanno le piste sotto casa. E poi: amore e odio, due opposti che hanno segnato la mia carriera”. Sarà stato anche per quello se è riuscito a mettere in soggezione psicologica tanti avvversari. Qualcosa che lo ha reso anche un sex symbol. “Essere un sex symbol aiuta, ma poi devi anche essere vincente”. Ci ha sempre tenuto alla sua privacy.

Il nomignolo “Tomba la Bomba” glielo appioppò Patrick Lang, “figlio dell’inventore della Coppa del Mondo. Magari a suo tempo poteva starci, oggi con le bombe vere che riempiono le cronache di guerra è meglio lasciar perdere. Peraltro c’è sempre il resto del campionario di soprannomi: Albertone, Albert-One, la Albertite“. Ha detto in passato che la Federazione Internazionale lo aveva osteggiato. “Forse hanno preferito che vincessero Girardelli e Zurbriggen piuttosto che un bolognese cittadino. Io ho portato l’audience ed è cambiato tutto. Mi hanno fatto i complimenti, ma quando ho smesso molti erano contenti”.

Ha sempre vinto ridendo: “Viviamo anche in tempi più difficili, il nuovo millennio è un disastro. Rimpiango gli anni 80 e 90“. Un po’ si è pentito del ritiro, aveva pensato anche di tornare. “La voglia è stata forte in occasione dei Giochi di Torino: ma ero già quarantenne. Insomma, due stagioni in più, dopo che avevo chiuso a 31 anni, avrei potuto farle”. Non ha paura dell’oblio. “C’è chi mi dice: ti ricorderemo sempre. Per ora è vero e mi commuovo per l’affetto che mi riservano: adesso capisco quanto ho combinato“.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.