L'atleta
Alex Schwazer dalla marcia al calcio: “Farò il preparatore atletico”. Il giallo del doping e il caso Sinner: “Lui può difendersi da solo, altri no”
Quarant’anni da compiere e la voglia di un futuro… nel mondo del calcio. Fa strano sentirlo pronunciare da Alex Schwazer, oro ai Giochi Olimpici di Pechino 2008 nella marcia 50 km e una squalifica per doping alle spalle. Da luglio, l’atleta altoatesino ha finito di scontare il lungo periodo di stop e in un’intervista a Repubblica racconta la voglia di rientrare nel mondo sportivo vestendo i panni del tecnico: “Voglio uscire dai soliti schemi, credo che uno scambio di opinione tra varie discipline possa portare solo benefici. Io che sono stato un atleta individuale, vorrei entrare in uno sport di squadra, come calcio”. Schwazer confessa di voler diventare un preparatore atletico per “mettere la sua esperienza a servizio di un ambiente nuovo”. Un futuro ancora da definire, ma il marciatore – nel frattempo – ripercorre il suo calvario dell’ultimo decennio, un periodo nel quale – con la speranza che i ricorsi lo aiutassero ad evitare di dover scontare la pena – ha continuato ad allenarsi: “Ripenso a quando, da squalificato, dovevo marciare sulle piste ciclabili e cambiarmi in macchina, con il freddo di Vipiteno”, e in cui è stato ‘salvato dalla famiglia’. “Sono stati anni molto difficili – ammette -. Sono diventato un marciatore molto forte in poco tempo, poi sono seguite felicità e delusioni e sarà così sempre, evidentemente è questo il mio destino”.
Il giallo del doping e il caso Sinner: “Lui può difendersi da solo, altri no”
Il caso Schwazer resterà per anni un mistero del doping: “La Wada si è chiesta a un certo punto: ammettiamo che c’è stato un errore o restiamo sulla nostra linea?”, afferma il campione ricordando che “la manipolazione delle provette è un evento possibile, come abbiamo visto con i russi alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014. C’è gente che per la stessa sostanza prende un anno, due, otto o anche niente”, e quando gli viene chiesta un’opinione sul caso Sinner ricorda che il Clostebol è l’esempio di come le sanzioni non siano uguali per tutti. “Il numero uno del mondo è certamente innocente, ma può permettersi di difendersi da solo, altri sono morti sportivamente in silenzio”.
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