Ci porta via. Ci sta portando via. Ci ha portato via. Ndi leva. Ndi staci levandu. Ndi levau. Basta un normale giorno di alluvione per scoprire che i tempi verbali calabresi mancano del futuro. Presente, forma progressiva e passato. Non si può dire in calabrese: ci porterà. Ed è vero che in presenza di eventi atmosferici particolari sia tutta l’Italia ad andare in tilt, soprattutto nei decenni ultimi, in cui la crisi ha tolto soldi alla cura del mondo in cui si vive, alla sua sicurezza. Le previsioni meteo funzionano almeno dai tempi del mitico colonnello Bernacca, per tanti anni si è vissuto senza la protezione degli allerta preventivi, si è morti pure per l’assenza di un sistema di allarme. Ma mentre in una parte del Paese, gli eventi dovevano essere veramente straordinari, nel Sud in genere, e in Calabria in particolare, è sempre bastata poca roba per fare tragedia. L’alluvione è una condizione endemica: da quando il sole si impigrisce, cosa che in Calabria avviene intorno al 19 ottobre, che giù è chiamato 80 agosto, il cielo chiude gli ombrelloni e si apre a ombrello. Il temporale spunta come un agguato locrideo, spara un po’ d’acqua, e sui social si passa dallo sberleffo ai Nordici, da un “non venite in Calabria” scritto su una foto che ritrae un mojito e il mare blu, agli improperi allo Stato, al Governo, alla Regione e al Comune per l’arretratezza strutturale del Sud. Si piangerà fino a marzo, e il primo di aprile, invece del pesce si aprirà l’ombrellone.

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Ma ora che l’ottanta agosto è trascorso, e il futuro non lo abbiamo nella lingua per vedere aprile, a ogni acquazzone la Calabria ritrova solo il passato. Quando piove, anche se non è diluvio vero e proprio, è sempre alluvione, ci si chiude in casa, niente scuola e niente del poco lavoro che c’è, si ridiventa pastori e in onore di Corrado Alvaro ci si raggomitola dentro una capanna di frasche e fango e si attende la forza dei torrenti per essere trascinati a mare, e mentre si naviga a dorso di fiumara lo si vede il mondo calabrese: i suoi binari unici senza linea elettrificata, le littorine diesel. Un mondo liquido in cui, se togli qualche scarpa di marca ai piedi e qualche macchina nuova da sotto casa. Il calendario segna novembre 1950 e la gente e piegata sotto le vettovaglie per raggiungere un bastimento che la porterà via per sempre, anzi, l’ha già portata via, mentre sulla Statale 106 Jonica si muovono veloce solo le gazzelle con i lampeggianti accesi e le sirene spiegate: portano via i rimasugli di una mafia che un tempo era potente e in zona ha lasciato solo controfigure. A Reggio Calabria e a Lamezia Terme le vie cittadine sono diventati Canali veneziani, a Cosenza in timore dell’inondazione del 1959 si guarda il Crati giorno e notte. È alluvione pure in Calabria, come in Veneto e in Liguria, ma è solo un giorno di normale alluvione.

Gioacchino Criaco

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