La fase incandescente va avanti da tempo
Alta tensione tra Kosovo e Serbia, la situazione nei Balcani preoccupa l’Ue

Il termometro politico dei Balcani segna un nuovo picco, sempre tra Kosovo e Serbia. Dopo l’assalto alla polizia kosovara da parte di un gruppo di militanti serbi, costato la vita a un agente di Pristina a cinque aggressori, la situazione sembra essere quella della calma apparente. La presidente Vjosa Osmani ha accusato Belgrado di essere dietro agli attacchi alle forze kosovare che hanno avuto luogo nei pressi del monastero di Banjska. Durante un incontro con l’inviato speciale del governo tedesco Manuel Sarrazin e l’ambasciatore Jern Rohde, la presidente ha chiesto una dura condanna nei confronti della Serbia. Le autorità kosovare hanno inoltre chiesto ai vicini settentrionali di consegnare i responsabili dell’agguato. Tra l’altro Pristina avrebbe individuato nelle immagini degli scontri Milan Radoicic, vicepresidente del più importante partito serbo in Kosovo. Elemento che secondo il ministro dell’Interno Xhelal Svecla confermerebbe la regia del presidente serbo Aleksandar Vucic, in quanto Radoicic è una persona molto vicina al leader di Belgrado. Vucic, dal canto suo, ha smentito qualsiasi tipo di regia da parte della Serbia, accusando invece Pristina e in particolare il governo di Albin Kurti di provocare con le sue scelte le tensioni nella parte settentrionale del Kosovo.
Una situazione incandescente che va avanti da tempo, tanto che a maggio – dopo la decisione di Pristina di nominare nei comuni del nord i sindaci di etnia albanese nonostante le proteste e il boicottaggio della minoranza serba (lì prevalente) – la rabbia della popolazione locale è sfociata in una violenza che ha visto anche il ferimento di 30 soldati Nato. Il presidente serbo, dopo quanto accaduto negli ultimi giorni, ha chiesto proprio al contingente di Kfor, guidato dal generale italiano Angelo Michele Ristuccia, di intervenire sostituendo le unità della polizia kosovara. “Ho ribadito la posizione della Serbia sugli ultimi eventi in Kosovo, e ho chiesto che la Kfor si assuma l’incarico di occuparsi di tutte le questioni della sicurezza nel nord del Kosovo, al posto della polizia di Kurti”, ha annunciato Vucic.
La tensione nei Balcani preoccupa intanto l’Unione europea. Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, ha dichiarato che gli Stati membri sono già a lavoro su più livelli diplomatici per discutere di quanto accaduto nel nord del Kosovo. Gli Stati Uniti, attraverso una nota del Dipartimento di Stato, sono intervenuti chiedendo a entrambe le parti, sia alle autorità kosovare che a quelle serbe, di evitare azioni che inneschino ulteriori escalation nell’area, confermando il coordinamento con i partner europei per riuscire a raggiungere il prima possibile la de-escalation. Di diverso avviso la Russia, che attraverso le parole della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha accusato direttamente il governo kosovaro di quanto accaduto nel nord del piccolo Stato balcanico. La violenza a Banjska, ha detto Zakharova, è “la diretta e immediata conseguenza” delle azioni di Kurti, che vuole “provocare un conflitto ed eliminare i serbi dal territorio della regione”. Dello stesso avviso il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale “non è un segreto che molto spesso vengono organizzate provocazioni contro i serbi”. Parole che confermano il pieno sostegno di Mosca alla causa di Belgrado, nonostante quest’ultima – da anni – tenti un approccio diplomatico sia nei confronti della Nato quanto soprattutto dell’Ue.
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