Il calcio, l'amicizia
Amico mio che Napoli, che Scudetto: che cosa ci siamo persi
Vito Letizia e Peppe Palomba si erano incontrati grazie al pallone, alla Turris Octava di Torre del Greco, calcio a cinque. Il primo calciatore, il secondo dirigente. Quando quell’esperienza era finita avevano fondato la Stella Nascente. Sempre calcio a 5, serie D. Era il 2012. Vito allenatore – oggi guida la rappresentativa Under 19 campana -, Peppe dirigente. E quando era partita l’era De Laurentiis si erano abbonati insieme, avevano coniugato anche quell’altra malatìa in comune. Le nottate a parlare di schemi, le telefonate interminabili, la suspense per i sorteggi a Nyon, gli appiccichi su un giocatore o su un altro, della Stella o del Napoli. “Lui per esempio apprezzava Mario Rui, gli piaceva che facesse sempre la sua prestazione a testa alta, io lo schifavo. Alla fine ha avuto ragione lui ma il suo preferito è sempre stato Lavezzi“. La prima trasferta insieme a Manchester: City-Napoli, l’esordio azzurro in Champions League. 1 a 1 con sgroppata di Maggio e gol di Cavani. E chi se lo scorda.
Perché Peppe Palomba era affascinato dal mondo degli ultras. Aveva lasciato il lavoro da commercialista per aprire il suo negozio a Napoli, il Gate 109, vendeva abbigliamento urban, da stadio. La sua passione l’aveva nutrita in anni di trasferte in cui il gruppo di amici aveva visto crescere sempre di più l’ostilità verso il Napoli e i tifosi del Napoli. Anni sugli spalti del San Paolo con Iole, la sua compagna, la madre di sua figlia. Quando ha scoperto la malattia era pieno lockdown: quando sembrava che qualsiasi sintomo fosse covid, quando allo stadio non si poteva andare, quando non è mai stato così chiaro quanto siano fondamentali le cose inutili, le passioni, quelle che uniscono e che costruiscono i ricordi che restano. “Ci è crollato il mondo addosso ma lui non ci ha mai fatto pesare nulla. A volte appena ne parlava, non voleva lo accompagnassimo a fare le chemio. Aveva deciso di viversi tutto e così ha fatto. Grazie a una cura sperimentale era tornato a essere lui e siamo rinati tutti”. Quando il 25 novembre 2020 è morto Diego Armando Maradona il pellegrinaggio degli amici per lasciare una maglietta fuori allo stadio a Fuorigrotta.
Peppe Palomba a inizio campionato terziava qualcosa. “Era fiducioso per la pausa Mondiali: perché le squadre di Spalletti partono sempre forte e calano nella seconda parte della stagione. Si aspettava vincessimo qualcosa”. Peppe però sentiva anche qualcos’altro: “Spero di vederlo uno Scudetto, prima”. Non si è fermato neanche quando il tumore è tornato, si è allargato. Ad Amsterdam con l’Ajax l’ultima trasferta: ha visto confermata la classe di questo ragazzo sconosciuto pescato in Georgia, Kvaratskhelia. L’ultima volta allo stadio con l’Udinese in casa: 3 a 2. Era il 12 novembre. “Il giorno dopo ha voluto organizzare con noi del gruppo un pranzo, ha fatto la spesa e ha cucinato lui. Perciò dico che sentiva qualcosa”. È morto giusto un mese dopo. Lo hanno ricordato su giornali e pagine social. Al funerale fumogeni e cori. A Francoforte la prima trasferta senza Peppe. Come sempre Vito aveva preso il biglietto anche per lui ma allo stadio è arrivato con il drappo dedicato all’amico: “Peppe Vive”. Un’altra coincidenza: “Dentro sono scoppiati gli scontri ma mi hanno clonato il biglietto, allo stadio non sono entrato. Doveva andare così”.
A Napoli quando vogliono essere fatalisti dicono che “stiamo sotto il cielo”, che può succedere tutto da un momento all’altro. “Peppe ci ha lasciato un grande insegnamento: si è goduto tutto fino all’ultimo. Non ci ha mai fatto pesare la malattia. Era come un cerchio che doveva chiudersi e invece non è andata così, è finita in pochissimo tempo. A volte mi piace pensare che dov’è ora sicuramente sarà in buona compagnia, sicuramente avrà fatto amicizia e starà festeggiando lo Scudetto anche lui”. Peppe Palomba era un tifoso, un patito del Napoli, ma era anche altre cose. Un padre, un figlio, un compagno, un amico. Che cosa si è perso lui ma quanto hanno perso anche gli altri che ora festeggiano, piangono, pensano a quanto è bastarda questa vita, la stessa vita che gli ha dato il pallone, Napoli, questo Napoli, questo Scudetto, queste lacrime: che gli ha dato Peppe.
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