Alla fine a fare notizia è sempre lui: Elon Musk. Per far divampare un incendio gli basta molto poco, semplicemente commentando, ripostando o inserendosi in una polemica sul suo X, che ormai è il centro del dibattito politico globale. Ed è proprio il suo social che ieri è andato in down a causa di un massiccio attacco informatico. «Veniamo attaccati ogni giorno, ma questo è stato fatto con molte risorse. È coinvolto un grande gruppo coordinato e/o un Paese», ha scritto. Dark Storm Team avrebbe rivendicato la responsabilità di un attacco DDoS alla piattaforma. Il gruppo di hacker è noto per le sue sofisticate offensive di guerra informatica e avrebbe un focus filo-palestinese, contro i Paesi della Nato, Israele e le nazioni che sostengono lo Stato ebraico.

Al down di X si aggiunge una seconda grana per Musk: Tesla cede altro terreno in Cina, dimezzando le vendite a 30.688 veicoli (-49% annuo), per una quota di mercato nel settore delle e-car scesa di 4 punti percentuali al 3,9%. Nella serata di ieri ha ampliato il calo ed è arrivata a perdere a Wall Street il 13,23%. Un risultato pesantemente negativo, dopo aver registrato ribassi per sette settimane di fila e aver ceduto circa il 44% dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.

Diverse mine per l’uomo che sogna Marte e che al tempo stesso è l’aspirante guardiano della Terra con i suoi satelliti, diventati anch’essi materia di polemica sul fronte Ucraina-Usa. Nelle scorse ore Elon ha twittato affermando che “se spegnessi Starlink, la prima linea di Kiev crollerebbe”, alimentando la polemica su quello che a molti è parso come l’ennesimo tentativo di pressione sul governo Zelensky per cedere alle richieste degli Usa. Così la velata minaccia di Musk sembrava essersi aggiunta allo stop voluto da Trump agli aiuti militari all’Ucraina, e qualcuno ovviamente ci ha visto lo zampino strategico della Casa Bianca. Ma poi sempre su X è arrivata la smentita dello stesso patron di Tesla e Starlink, che qualche ora dopo ha precisato: “Per essere estremamente chiari, non importa quanto io non sia d’accordo con la politica ucraina, Starlink non spegnerà mai i suoi terminali. Sto semplicemente affermando che, senza Starlink, le linee ucraine collasserebbero, poiché i russi possono bloccare tutte le altre comunicazioni! Non faremo mai una cosa del genere né la useremmo come merce di scambio”.

Ma l’uscita di Musk ha innescato lo scontro con il ministro degli Esteri polacco, Radosław Sikorski (la Polonia paga 50 milioni di dollari per Starlink in Ucraina), che ha sottolineato a nome del governo di Varsavia come “se SpaceX si dimostra un fornitore inaffidabile, saremo costretti a cercarne altri”. Uscita non gradita a Musk, che ha repentinamente risposto a Sikorski, bollandolo con un “stai zitto, ometto” e aggiungendo un’annotazione: “Paghi una piccola parte del costo e non c’è niente che possa sostituire Starlink”. Sullo scontro è dovuto intervenire anche il segretario di Stato Marco Rubio: prima ha precisato che “nessuno ha minacciato di tagliare Starlink all’Ucraina”; poi – nel rispondere a Sikorski – ha tenuto a sottolineare come Varsavia dovrebbe essere grata a Musk. “E dite grazie perché senza Starlink l’Ucraina avrebbe perso la guerra molto tempo fa e i russi sarebbero al confine con la Polonia ora”, ha affermato.

E pensare che dopo l’invasione russa, con l’invio di migliaia di terminali in Ucraina, Elon era stato acclamato come un vero eroe. Da allora però le cose sono cambiate, ma soprattutto a essere cambiata è la visione che il genio sudafricano naturalizzato statunitense ha del conflitto. Musk non si è limitato a polemizzare con la Polonia, ma si è anche spinto a sostenere l’uscita degli Usa dalla Nato: “Dovremmo proprio farlo. Non ha senso che l’America paghi per la difesa dell’Europa”. Insomma, la contesa tra Musk e il vecchio continente sembra solo alle battute iniziali e segue una precisa strategia.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.