La Corte di Cassazione aveva smontato l’impianto accusatorio della Procura di Catanzaro ma per il Comando generale dell’Arma era ‘colpevole’ a prescindere. È quanto capitato al colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli, ex comandante provinciale di Teramo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta Rinascita Scott condotta dal procuratore Nicola Gratteri. Secondo le accuse, Naselli, quando era comandante del Reparto operativo di Catanzaro, avrebbe intrattenuto rapporti ‘illeciti’ con il parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, anch’egli arrestato nella maxi retata che portò in carcere alla vigilia di Natale del 2019 ben 330 persone.

Per Gratteri, Pittelli, dopo aver avuto da Naselli la notizia “segreta” di una interdittiva antimafia in arrivo ai danni di Rocco Delfino, un imprenditore del posto, l’avrebbe comunicata all’interessato. Pittelli, nel frattempo diventato avvocato proprio di Delfino, avrebbe quindi chiesto un favore a Naselli. La prova schiacciante dell’accordo fra i due sarebbe stata una intercettazione dove il colonnello rispondendo ad una domanda di Pittelli sulla situazione di Delfino spiega che è complicata e poi dice: “Eventualmente lasciamo decantare la pratica”. Da questa frase gli investigatori avevano dedotto che Naselli avesse promesso a Pittelli un rinvio sine die del provvedimento. Circostanza non vera in quanto il provvedimento in questione era stato eseguito esattamente sei giorni dopo la telefonata. I difensori del colonnello, gli avvocati Gennaro Lettieri e Giuseppe Fonte, si erano inizialmente rivolti al tribunale del riesame, ottenendo però la conferma del quadro accusatorio. Il successivo ricorso in Cassazione, a luglio del 2020, aveva invece avuto successo, smontato in radice tutte le accuse.

“L’aggravante agevolativa dell’attività mafiosa ha natura soggettiva e si applica al concorrente solo se da lui conosciuta”, avevano scritto i giudici di piazza Cavour. Una pronuncia che “non lascia scampo alla ipotesi accusatoria, definitivamente demolita”, commentò soddisfatto l’avvocato Lettieri. “Il colonnello Naselli – aggiunse – viene restituito alla libertà, con piena dignità ed immutato onore, che nessuno della nostra comunità, in realtà, aveva mai messo in dubbio. Naselli è stato ‘punito’ senza alcuna colpa e senza alcuna verità, sacrificando i valori di civiltà e di certezza del diritto” . “La giustizia in questo paese trionfa, ormai, soltanto dopo i suoi grandi fallimenti”, aveva poi concluso Lettieri. Nemmeno il tempo di festeggiare, però, che il Comando generale dell’Arma, in fretta e furia, aveva deciso di avviare nei confronti di Naselli un procedimento disciplinare di stato, finalizzato ad accertare se il colonnello avesse ancora i requisiti morali per potere continuare a prestare servizio nell’Arma.

Il responso della Commissione di disciplina, composta da cinque generali nominati personalmente dal numero uno dell’Arma, era stato impietoso: degradazione sul campo e congedo immediato.
Il motivo di un provvedimento così severo? Quello di “aver leso il prestigio ed il decoro dell’Arma”, la classica frase di stile buona per tutte le occasioni. Una decisione che, ovviamente, non era stata accettata da Naselli il quale, dalla sera alla mattina e con quattro figli a carico, si era trovato, sulla base delle imputazioni provvisorie di Gratteri, messo alla porta e senza stipendio. Forte della pronuncia della Cassazione, come nelle migliori tradizioni, ne era allora scaturito un contenzioso amministrativo fra Naselli ed il Comando generale dell’Arma che l’altro giorno ha avuto un esito positivo. I giudici amministrativi hanno, infatti, annullato il provvedimento di destituzione del colonnello.

“Diventa contraddittorio e sintomatico di istruttoria incompleta il fatto di non aver lasciato spazio a quanto nelle more delibato dalla suprema Corte di cassazione in merito ai fatti imputati”, si legge nella sentenza del Tar, secondo cui le contestazioni a Naselli sono “indubbiamente ridimensionate”. Strano modo di agire a viale Romania: gli ufficiali condannati per aver depistato e taroccato le indagini sulla morte di Stefano Cucchi sono tutti in servizio presso gli Stati maggiori dell’Arma, alcuni anche con incarichi di comando, mentre Naselli, senza nemmeno una sentenza di primo grado, si è ritrovato degradato a soldato semplice. Sarà stata l’influenza di Gratteri sul Comando generale?