Nicola Gratteri, l’uomo cui non si può dire di no. Vuol passare alla storia come il nuovo Falcone, il Falcone calabrese, quello che dovrà smontare la sua Regione pezzo a pezzo e poi ricostruirla. Ma prima, ha bisogno di spazio. Spazio sui giornali, e guai se glielo si nega. Ma soprattutto il procuratore Nicola Gratteri ha bisogno di spazio fisico. Una Grande area, su cui costruire una Grande aula bunker, per celebrare il Grande processo del secolo, quello per cui passerà alla storia. Una corsa contro il tempo per arrivare al traguardo del Maxi calabrese che dovrà superare in tutto il Maxi siciliano. Ci vogliono prima di tutto moltissimi imputati, possibilmente in vinculis. Quelli di Falcone erano 474, di cui meno della metà era in carcere, ma soprattutto, grande vulnus, ben 121 erano latitanti, tra cui Totò Riina e Bernardo Provenzano. Sul numero degli imputati (per ora solo indagati) andiamo già maluccio, in Calabria, soprattutto per quel che riguarda la custodia cautelare. Nell’inchiesta “Rinascita-Scott”, “la più grande operazione antimafia dopo quella di Palermo”, i pezzettini di lego erano così male incastrati che hanno cominciato a venir giù.

Come ha riportato nel suo articolo (Il Riformista, 22 luglio) Ilario Ammendolia, dei 334 ordini di cattura richiesti dal procuratore Gratteri con l’operazione notturna del 19 dicembre 2019, ben 203 sono stati annullati o riformati: 51 dal gip, 123 dal Tribunale del riesame, 13 dalla cassazione senza rinvio e 9 con rinvio. Un fallimento gigantesco. Ecco perché è stato necessario avviare l’operazione “Imponimento” (termine astruso anche per noi calabresi, che forse deriva da “imporre”) con 158 indagati freschi freschi, di cui 75 già ammanettati. Statistiche alla mano, si attende il prossimo dimezzamento delle custodie cautelari in carcere, non appena partiranno i ricorsi al riesame e alla cassazione. Anche con i politici, la cui presenza nelle inchieste di mafia è indispensabile per avere qualche prima pagina di giornale, non è andata benissimo. È vero che l’onorevole Pittelli giace ancora sequestrato in un carcere sardo, ma l’ex sindaco di Pizzo e Presidente di Anci Calabria, Gianluca Callipo e il tenente colonnello dei carabinieri in servizio Giancarlo Naselli sono stati liberati dai ceppi dopo otto mesi dalla Cassazione. Anche l’operazione nei confronti di un personaggio come Mario Oliverio, ex governatore della Regione Calabria ed esponente di rilievo del Pd, si era rivelata un buco nell’acqua, con una sentenza della Cassazione che bollava l’inchiesta per “mancanza di gravità indiziaria” e per il “chiaro pregiudizio accusatorio”.

Anche con la novella inchiesta “Imponimento” il carniere appare un po’ vuoto. C’è il nome di un senatore, che non è indagato, ma viene comunque menzionato (e a noi il fatto pare grave) perché “si ipotizzava” che nelle elezioni del 2018 avesse avuto l’appoggio di qualcuno che era cugino di qualcun altro. E poi c’è un altro, fuori dalla politica dal 2013, su cui c’è il sospetto che abbia avuto un appoggio da ambienti mafiosi alle elezioni regionali del…2005! Ebbene si, stiamo parlando di 15 anni fa. Complimenti per la velocità, dottor Gratteri. E complimenti ai settecento uomini della Guardia di finanza impegnati per l’operazione. Ma rispetto a Giovanni Falcone, indubbiamente Nicola Gratteri ha più frecce al proprio arco. Ha più potere. Nicola Gratteri piace a tutti (o quasi). Matteo Renzi lo voleva come ministro di giustizia, la sua presenza nei talk viene contesa da conduttori e conduttrici più prestigiosi.

Non appena ha cominciato a dire che per la sua inchiesta ci vorrà un’aula bunker di grandi dimensioni anche solo per l’udienza preliminare, perché lui immagina centinaia di imputati e ancor più avvocati, e poi migliaia di cittadini tra il pubblico e televisioni da tutto il mondo, tutti si sono offerti di dare una mano. La Giunta regionale presieduta da Jole Santelli, prima di tutto, che ha già trovato un bel tremila metri quadri in zona industriale vicino a Lametia, e poi il ministro Bonafede (cui Gratteri però ha dovuto tirare le orecchie perché non era scattato subito sull’attenti), che dovrà firmare il protocollo con la Regione e poi far costruire una enorme tensostruttura. E il Comune di Catanzaro non si è certo tirato indietro. Lui intanto ha istituito una bella commissione con il fior fiore della magistratura calabrese: dal presidente della Corte d’appello al presidente del tribunale fino al procuratore generale facente funzioni e, ciliegina sulla torta, anche il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati.

Perché a Nicola Gratteri non si può dire di no. Nessuno osa dire di no. Ma a nessuno viene il dubbio che tutte queste inchieste, già abbastanza colabrodo, possano finire in niente? Chi ha stabilito che ci sarà un processo, maxi o mini che sia, visto che non ci sono ancora neppure rinvii a giudizio? Eppure –vogliamo scommettere?- il processo ci sarà, l’aula bunker ci sarà, la grande eco mediatica ci sarà. Perché a Nicola Gratteri non si può dire di no. E forse un giorno capiremo perché.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.