Il fine è lo stesso e dovrebbe vederli uniti in nome del diritto e dei diritti di tutti, ma il mezzo li divide creando una spaccatura che prende sempre più forma con il passare dei giorni. Negli ambienti di Palazzo di Giustizia da un po’ di giorni c’è una tensione sempre più palpabile in seno all’avvocatura. A scatenarla è stato l’episodio avvenuto il 19 maggio scorso quando, in attesa che l’udienza in Corte d’appello avesse inizio, un penalista ha trovato in un fascicolo un foglio che appariva come una sentenza già scritta e al quale mancavano solo le firme dei giudici.

Apriti cielo. L’avvocato l’ha fatto presente ai magistrati e i magistrati hanno risposto che era soltanto un appunto, nel tentativo di ridimensionare il polverone che si era inevitabilmente sollevato. La faccenda è diventata un caso social e mediatico, mentre negli uffici giudiziari più alti ci sono state riunioni di fuoco per definire i termini della questione e trovare una soluzione per chiuderla. Risultato? L’Associazione nazionale magistrati si è scusata ma solo con il penalista, protagonista della “scoperta” in aula, che ha agito in buona fede, mentre per il resto i magistrati sono rimasti sulla loro posizione sostenendo che quel foglio nel fascicolo fosse un appunto e non una bozza di sentenza, mentre le Camere penali del distretto si sono divise sulla strada da intraprendere: quelle di Napoli Nord, Torre Annunziata, Nola, Santa Maria Capua Vetere, Benevento e Irpinia hanno proclamato astensione per il 16 giugno col sostegno dell’Unione Camere Penali Italiane, mentre quella di Napoli ha scelto di non astenersi. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati è invece rimasto neutrale.

Forse troppo, perché un gruppo di penalisti ha avviato una raccolte di firme per sollecitare il Coa a prendere una posizione. L’iniziativa, partita dalla penalista Maria Chiara Fusco, sta incontrando il consenso non solo dei più giovani ma anche dei penalisti più esperti e di quelli che amano definirsi militanti. Per loro la spiegazione data dai magistrati («Era solo un appunto») non può essere soddisfacente. «Ciò che appare evidente – si legge nel documento sottoscritto in poche ore da una cinquantina di avvocati – è come tale spiegazione di comodo sia davvero mortificante per l’avvocatura proprio perché la grossolanità che la contraddistingue denota chiaramente quale sia la considerazione che le istituzioni che l’hanno fornita abbiano del loro interlocutore, ridotto a un soggetto che tanto non ha nessuna capacità di reagire o di contestare efficacemente un’affermazione così assurda».

Tant’è che nel documento viene riportato un passaggio di un post lasciato sui social dal gip Caroppoli per commentare la vicenda: «Il momento del dialogo con l’avvocatura è forse finito se ogni occasione è buona per strumentali polemiche, se si fa finta di non capire i colossali sacrifici che ogni giorno migliaia di magistrati silenziosamente fanno, forse è il momento di farglielo capire… senza sconti». Gli avvocati si sentono sviliti e mortificati nel loro ruolo di difensori e per questo chiedono al Consiglio dell’Ordine «una posizione netta e una vibrante iniziativa di protesta per tutelare i suoi iscritti, l’avvocatura tutta e non da ultimo i cittadini», si legge ancora nel documento. Cosa accadrà? Staremo a vedere, intanto la sensazione è che una battaglia nata per difendere l’unità di una categoria stia creando divisioni e spaccature che rischiano di far male alla giustizia di Napoli e dintorni.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).