Un lungo incontro con il presidente della Corte d’appello Giuseppe De Carolis di Prossedi e con i vertici dell’Associazione nazionale magistrati napoletana. E poi, fino a tarda serata, una riunione-fiume per decidere in che forma e con quali tempi rispondere. Gli avvocati napoletani meditano di non rimanere inerti di fronte al caso denunciato giorni fa da un loro collega, quello relativo alla bozza di una sentenza trovata nel fascicolo del processo prima ancora che fosse celebrata l’udienza e avessero discusso le parti. L’orientamento è di proclamare l’astensione, ma quando e per quanti giorni è tra i dettagli al vaglio dei legali.

Una riunione-fiume, dicevamo. Il confronto è tra il presidente della Camera penale di Napoli, Marco Campora, e gli altri presidenti del distretto: gli avvocati Domenico Russo per Benevento, Luigi Petrillo per Irpinia, Felice Belluomo per Napoli nord, Francesco Petrillo per Santa Maria Capua Vetere, Nicolas Balzano per Torre Annunziata. Sempre ieri anche il Consiglio dell’Ordine degli avvocati, presieduto da Antonio Tafuri, si è riunito per discutere anche di questo caso. Trent’anni fa, per un caso simile, gli avvocati proclamarono un mese di astensione. L’episodio in questione risale al 19 maggio scorso: prima dell’udienza fissata dinanzi al collegio della quarta sezione della Corte d’appello di Napoli, l’avvocato Gerardo Rocco di Torrepadula, che assisteva per la prima volta un imprenditore accusato di aver riprodotto cover di telefoni cellulari falsificando marchi di note griffe, ha chiesto al cancelliere di prendere visione del fascicolo del processo.

La Corte era in camera di consiglio per deliberare su un processo celebrato poco prima. Con somma sorpresa, l’avvocato ha notato una bozza della sentenza appoggiata sulla copertina del fascicolo: non c’erano le firme dei giudici, ma per il resto il documento aveva tutta l’aria d’essere un atto vero e proprio, completo di sigillo di Stato, intestazione “In nome del popolo italiano”, probabili conclusioni del sostituto procuratore generale, dispositivo di conferma della sentenza di primo grado, indicazione del termine di deposito per il notevole carico di lavoro dell’ufficio. Di fronte a questa scoperta, l’avvocato Rocco di Torrepadula non è rimasto in silenzio e ha segnalato la circostanza alla Corte non appena ha avuto inizio l’udienza. Il presidente della Corte si è mostrato incredulo; l’atto, nel frattempo, era nelle mani del consigliere relatore che si giustificava sostenendo che si trattasse di appunti personali.

A quel punto il penalista ha chiesto alla Corte di astenersi, il sostituto procuratore generale si è opposto senza neppure dare un’occhiata allo scritto e affermando, con una certa sicurezza, che si trattava di appunti personali. Sta di fatto che, alla fine, l’udienza è stata rinviata in attesa di una decisione sulla domanda di ricusazione. E il caso ha suscitato in questi giorni grande clamore. L’avvocato Rocco di Torrepadula era pronto a discutere nel merito il processo per chiedere la rinnovazione del dibattimento ed era pronto anche a depositare una memoria. Per questo, ancor di più, è apparso anomalo che nel fascicolo vi fosse già una bozza della possibile decisione.

I magistrati interpellati, però, hanno escluso l’ipotesi di una sentenza “preconfezionata”. Resta,  tuttavia, negli avvocati un grande senso di amarezza, profonda delusione. L’episodio è visto come uno svilimento del ruolo del difensore nel processo. Ed è per questo che da gran parte dell’avvocatura arriva la richiesta di una reazione dura, una reazione che potrebbe presto portare a un periodo di stop delle udienze

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).