Il caso
Avvocati intercettati dai pubblici ministeri, scende in campo la camera penale
Il caso dei due avvocati intercettati mentre parlavano con e dei loro clienti nell’ambito di un’indagine della Procura di Napoli, raccontato il sette maggio dal Riformista, è ora al centro di una presa di posizione della Giunta della Camera Penale di Napoli, presieduta dall’avvocato Marco Campora. C’è innanzitutto la solidarietà agli avvocati Giovanni Esposito Fariello e Mauro Valentino, le cui conversazioni con gli assistiti (e con i familiari degli assistiti detenuti) sono state trascritte e riportate all’interno di un’ordinanza cautelare, e c’è la denuncia di una prassi «che, ad onor del vero, negli ultimi anni sembrava essere stata abbandonata quantomeno nel Tribunale partenopeo ma che, evidentemente, non è stata ancora del tutto debellata, prassi di riportare all’interno degli atti giudiziari le conversazioni, di carattere difensivo, tra il cliente ed il suo avvocato».
I penalisti lamentano il fatto che ancora non sia entrato nel patrimonio comune di tutti gli operatori della giustizia un principio fondante il nostro codice di rito e, cioè, il divieto di intercettare le conversazioni tra difensore ed assistito. Le conversazioni tra difensore e cliente non possono essere intercettate e neppure ascoltate. Se, per errore, vengono intercettate esse non possono essere trascritte né riportate nei brogliacci di polizia giudiziaria e devono essere tempestivamente distrutte (oltre ad essere evidentemente inutilizzabili). Non vi è spazio per interpretazioni alternative o per capziosi distinguo. Questo dovrebbe valere per tutti, pm compresi, Ne va del diritto di difesa e di tutti i diritti che rendono la giustizia giusta e uguale per tutti.
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