Il Presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, Gian Domenico Caiazza, lo aveva detto qualche tempo fa in una intervista a questo giornale: «I dati statistici giudiziari non sono di proprietà della magistratura, ma devono essere a disposizione di tutti i cittadini: tra questi, i dati più tenuti all’oscuro, che nessuno raccoglie, riguardano proprio le richieste di misure cautelari e la percentuale di accoglimento». E aveva fatto un appello al Presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia affinché appoggiasse l’idea dei penalisti di rendere trasparenti i numeri della giustizia.

La richiesta non è stata accolta. Ma a rilanciare la questione ci ha pensato il solito Enrico Costa con una interrogazione parlamentare a risposta scritta indirizzata alla Ministra della Giustizia Marta Cartabia per sapere: «Quali siano i dati sulla modalità di definizione dei procedimenti suddivisi per tipologia di reati, in particolare per quello che riguarda i reati contro la pubblica amministrazione; la percentuale di sentenze di appello in riforma delle sentenze di I grado; il tasso di accoglimento e rigetto delle richieste dei pubblici ministeri ai giudici per le indagini preliminari suddivise per tipologie (richieste di intercettazioni, proroga indagini, applicazione misure cautelari); il numero di istanze di riparazione per ingiusta detenzione rigettate dalle corti di appello; il numero di avvisi di garanzia notificati ogni anno e quanti di questi si traducono in un rinvio a giudizio o in una citazione diretta a giudizio».

Si è arrivati all’interrogazione perché Costa non ha ricevuto alcuna risposta alla lettera del 13 settembre scorso indirizzata alla responsabile della direzione generale di statistica e analisi organizzativa, e per conoscenza al direttore generale del personale e dell’amministrazione del Ministero della giustizia e al suo capo di gabinetto, con cui chiedeva proprio quelle informazioni. Costa si è lamentato per questo anche su Twitter: «Mi chiedo a cosa serva la direzione statistica, se non forniscono dati basilari»; e gli ha risposto Guido Crosetto, ex forzista e tra i fondatori di Fratelli d’Italia: «Anche a cosa serva il Parlamento, se possono non rispondergli…». Comunque «sarebbe alquanto sorprendente – leggiamo nell’atto di sindacato ispettivo – se il Ministero della giustizia non disponesse di questi dati fondamentali». Infatti non si capisce se questi dati il Ministero non li abbia o non li tiri fuori per timore delle conseguenze. Cerchiamo di capire perché sarebbe importante conoscerli. Primo, in merito alle sentenze di appello: c’è una fetta della magistratura che vorrebbe che l’appello penale beneficiasse di un regime di inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi di gravame simile a quello del ricorso per Cassazione. Se ciò accadesse significherebbe falcidiare uno strumento fondamentale del diritto di difesa.

Eppure gli ultimi vecchi dati a disposizione dicevano che il 48% delle sentenze di appello erano di riformula parziale o totale di quelle di primo grado. Secondo, il tasso di accoglimento delle richieste del pm da parte del gip: sapere questi numeri ci aiuterebbe a capire se l’autorizzazione del gip è solo un passaggio burocratico o c’è un filtro, soprattutto quando in gioco c’è la libertà personale dei cittadini, come hanno sottolineato le Camere Penali. Terzo, il numero di avvisi di garanzia notificati e quelli che arrivano a processo: questo è un punto molto importante perché metterebbe in luce quante indagini sbattute sui giornali hanno una solidità che regge al vaglio del contraddittorio. Ed è qui che si gioca anche un’altra importante partita, che vede Costa, penalisti e persino il Partito democratico uniti: le valutazioni professionali dei magistrati, positive al momento al 98%. Tutti infatti chiedono, all’interno del dibattito sulla riforma sull’ordinamento giudiziario, che per valutare i magistrati venga introdotto anche il parametro delle smentite processuali delle ipotesi accusatorie.