Da Mani Pulite a oggi
Sentenza anticipata, lo strumento nato con Tangentopoli e utilizzato ancora oggi (che ha distrutto Cosentino e colpito Renzi e Salvini)

Caro direttore,
il suo è stato l’unico quotidiano che ha dato risalto nei titoli, nelle foto, negli articoli all’assoluzione di Nicola Cosentino. I grandi quotidiani hanno relegato la notizia in uno spazio che era visibile solo per chi la conosceva già e l’andava a cercare. Il Fatto Quotidiano ha balbettato. Saviano non pervenuto. Guai, però, se trattiamo questi episodi e altri (la richiesta di condanna a 8 anni per Nunzia De Girolamo e anche i guai giudiziari di Renzi e di Salvini) come una serie di singoli episodi. No, essi e molti altri rientrano nel fatto che dal 1992-1994 i Pm e il circo mediatico ad essi collegato hanno conquistato il potere in questo paese.
Ciò è derivato da una serie di operazioni concatenate che hanno portato al quasi totale cambiamento del sistema politico, dei soggetti politici, dei leaders del nostro paese. Questa operazione, non per banalizzarne lo spessore che è profondo, ma per cogliere lo strumento “attuativo” che è stato adottato dal 1992 in poi, avendo come retroterra la congiunzione fra l’iniziativa giudiziaria e l’impatto mediatico (che è fondamentale) ha preso il nome di “sentenza anticipata”. Il termine è stato brillantemente spiegato dal “cervello” di Mani Pulite che è stato il procuratore Borrelli. In un libro intervista Borrelli ha spiegato cosa si intende per “sentenza anticipata”. Noi la traduciamo in pillole. «Se io Pm invio a te uomo politico, che come tale hai un fondamentale problema di prestigio nei confronti della pubblica opinione e di consenso nei confronti dei cittadini elettori, un avviso di garanzia (il massimo degli effetti sarebbe una bella custodia cautelare) sparato dai maggiori quotidiani, dal quotidiano locale e da alcune televisioni il gioco è fatto: tu sei azzerato come personalità politica sia sul terreno del prestigio che del consenso e a quel punto la sentenza è stata data.
Se poi dopo sette anni tu sei assolto con sentenza definitiva dalla magistratura giudicante ciò vale per la tua biografia personale, ma è insufficiente sul piano politico: da tempo prestigio e consenso sono evaporati. Se un’operazione siffatta poi non colpisce solo il “leader maximo” di un partito, ma viene estesa a 1.000-2.000 dirigenti nazionali e locali come negli anni ’92-’94 avvenne per la DC e per il PSI (per il PRI, il partito degli onesti secondo Giorgio La Malfa, il PLI, il PSDI bastò colpire i segretari) ecco che il centro-destra della DC (la sinistra DC venne risparmiata) e l’intero PSI sono stati azzerati. Allora prima di parlare di Nicola Cosentino, e anche di Nunzia De Girolamo, non si può non fare un passo indietro e tornare da dove tutto è partito, cioè da Mani Pulite. Ora, quale fu l’operazione eversivo-rivoluzionaria messa in atto da Mani Pulite? Una cosa semplicissima.
Da sempre, dalla fondazione della repubblica tutti i partiti si sono finanziati in modo irregolare. La DC e i partiti di governo erano finanziati dalla FIAT, dall’Assolombarda, dalla Montecatini, poi dalle industrie a partecipazioni statali, addirittura l’ENI con Enrico Mattei e Albertino Marcora tenne a battesimo la sinistra di Base che ha svolto un ruolo politico fondamentale nella DC. A sua volta il PCI ha avuto fino agli anni ’80 enormi finanziamenti dal KGB, poi dalle cooperative rosse, ma anche da privati, una rete di società import-export per privati italiani e per paesi comunisti dell’Est e ha goduto di una permanente rendita petrolifera proveniente dall’ENI di cui ha parlato diffusamente Gianni Cervetti nel suo libro L’oro di Mosca. Il PSI fino all’avvento di Craxi è stato finanziato dal maggiore partito alleato, ai tempi del frontismo attraverso il PCI, dal KGB e dalle cooperative rosse, ai tempi del centro-sinistra attraverso la DC, da aziende dell’Iri e dall’ENI, più imprenditori privati, qualche amico personale di Pietro Nenni, come il vecchio Rizzoli. Gli uni sapevano degli altri. Cossiga ha ricordato che il ministero dell’Interno seguiva gli “scambisti” che traducevano in lire i rubli e i dollari che provenivano dall’URSS al PCI.
Parliamoci chiaro: se il metodo e le scelte del pool di Mani Pulite fosse stato adottato nella prima fase della Prima Repubblica De Gasperi, Fanfani, Andreotti, Saragat, Malagodi, La Malfa, Nenni, Morandi, Togliatti, Secchia, Amendola avrebbero avuto guai giudiziari assai seri. Poi quando andò avanti la politica di unità nazionale (’76-’79) e comunque diminuì la tensione fra gli USA e l’URSS, si arrivò anche a operazioni di finanziamento comuni: ad esempio in Italstat venivano gestiti gli appalti per le grandi opere pubbliche: le grandi imprese private e pubbliche dell’edilizia gestivano di comune intesa a rotazione l’assegnazione degli appalti. Da un certo momento in poi alle cooperative rosse fu riservata una quota oscillante fra il 20 e il 30%. Bene, ad un certo punto, specie dopo la sottoscrizione del trattato di Maastricht che imponeva mercato e libera concorrenza, il sistema di Tangentopoli risultò antieconomico. In più con il crollo del muro di Berlino (1989) e la fine del PCUS (1991) i grandi gruppi privati italiani riconobbero sempre meno il ruolo dei partiti, in primis della DC e del PSI.
Allora, in uno Stato normale si sarebbe dovuto fare una grande operazione consociativa, magari anche con un’amnistia, nella quale tutto il sistema del finanziamento irregolare veniva smontato, casomai rafforzando il finanziamento pubblico e realizzando una rigorosa regolamentazione dei partiti (art. 49 della Costituzione) per assicurare la democrazia interna. Avvenne tutto il contrario. Un’amnistia ci fu, nel 1989, ma essa servì a preservare il PCI da azioni giudiziarie derivanti dall’enorme finanziamento del KGB di cui aveva goduto. Dopodiché c’è stato il più assoluto arbitrio, due pesi e due misure.
Il nucleo originario del circo mediatico-giudiziario che ha dato vita a Mani Pulite è stato costituito dal pool dei Pm di Milano, con gip annesso, dai quattro principali quotidiani (Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Unità) i cui direttori o loro incaricati si sentivano ogni sera alle 19 per concordare titoli e aperture sulla base degli input provenienti dal pool dei Pm, il Tg3 (Sandro Curzi già direttore di Radio Praga), Samarcanda (Santoro), le reti Mediaset che Berlusconi aveva messo a disposizione del pool per evitare i guai giudiziari che stavano colpendo gli imprenditori amici di Craxi (arresto di Salvatore Ligresti). Al suo decollo il circo mediatico-giudiziario non aveva rapporti politici preferenziali neanche con il PCI: quello che voleva era smontare il ruolo e l’influenza dei partiti. Sono stato personalmente testimone della preoccupazione, anzi dell’angoscia di qualcuno dei massimi dirigenti del PDS che sapeva benissimo che il loro partito faceva parte del sistema del finanziamento irregolare.
Non a caso al centro delle preoccupazioni era specialmente il PDS di Milano: poco dopo fu arrestato Cappellini, segretario della federazione, berlingueriano di stretta osservanza, non migliorista. Adesso è emerso che Cuccia interpellò Craxi perché lanciasse un’operazione di leadership personale di stampo gollista: Craxi rifiutò perché si sentiva di appartenere al sistema dei partiti e così segnò la sua rovina, in breve tempo divenne “il cinghialone”, colui che impersonava quel sistema politico-partitico che doveva essere smontato con le buone o con le cattive. Per una fase specialmente Borrelli – il più colto e aristocratico del pool – accarezzò il disegno che ad un certo punto Scalfaro chiamasse un nucleo di magistrati a svolgere un ruolo di supplenza politica nella guida dello Stato.
Scalfaro non se la sentì e a quel punto ebbe buon gioco il vice di Borrelli Gerardo D’Ambrosio, da sempre esplicitamente comunista, a spingere il pool ad un’alleanza con il PDS, visto che già nel passato il partito era stato alleato della magistratura sul terrorismo e nella lotta alla mafia. Così avvenne (e, dopo essere andato in pensione, D’Ambrosio per 3 legislature è stato eletto parlamentare del PDS). Quindi da un certo momento in poi scattò l’alleanza fra il pool e il PDS. L’alleanza non escludeva che esponenti locali o dirigenti delle cooperative fossero perseguiti. Essa però escludeva che venissero colpiti i massimi dirigenti nazionali: Craxi e Forlani non potevano non sapere, Occhetto e D’Alema potevano non sapere. L’operazione fu smaccata nel caso Enimont.
Malgrado che è risultato che Gardini si era recato in via delle Botteghe Oscure portando una valigetta con un miliardo e che Sama e Cusani che avevano partecipato all’operazione sono stati condannati come corruttori, invece nessun corrotto è stato perseguito. «E che mandavo l’avviso di garanzia al signor PCI?», si è domandato quel garantista del Pm Antonio Di Pietro. Successivamente – registriamo la concomitanza solo in termini oggettivi – egli fu eletto dal PDS nel Mugello e poi il suo partito, Italia dei Valori, fu l’unica formazione politica ammessa da Veltroni in alleanza alla lista del PD.
Allora, partendo da questa scelta, in Italia si è verificata una cosa unica in Europa: ben cinque partiti rappresentati da sempre in parlamento sono stati eliminati non dal voto degli elettori, ma dal circo mediatico-giudiziario. Altre forze politiche, pur facendo anch’esse parte del sistema del finanziamento irregolare, cioè il PDS e la sinistra democristiana, non sono state perseguite. C’era il problema dei grandi gruppi imprenditoriali che del sistema di Tangentopoli erano stati parti fondamentali: Valletta fu insieme a Enrico Mattei uno dei fondatori del sistema di Tangentopoli. La questione fu risolta attraverso il ricorso inusitato nella procedura penale con le lettere di Romiti per la FIAT, di Carlo De Benedetti per la CIR che confessavano una serie di tangenti presentandosi come dei poveri concussi prevaricati e costretti dai politici, quei terribili concussori.
Se Curzio Malaparte potesse scrivere una nuova edizione del suo libro Tecnica di un colpo di Stato, dovrebbe aggiornarlo: senza un carro armato, senza spari in Italia negli anni ’92-’94 è stata attuata un’autentica rivoluzione (o eversione), perché il sistema del finanziamento irregolare riguardava tutti i partiti, senza eccezione alcuna, e tutti i grandi gruppi privati e pubblici, e il pool di Mani Pulite, invece, ha colpito alcuni e salvato altri, acquisendo però per sé e per tutta la categoria un potere enorme. Le cose non si sono fermate lì. Fino a quando Berlusconi ha fatto l’imprenditore e ha messo le sue televisioni a disposizione del pool non è stato nemmeno sfiorato da un avviso di garanzia. Invece quando è sceso in politica è iniziato un autentico bombardamento giudiziario, già nel 1994 e continuato fino al 2013, con la sua estromissione dal Senato. Purtroppo, in quegli anni non funzionava il trojan: se avesse funzionato, sarebbe risultato che Palamara è un untorello, che si occupava di promozioni e spostamenti e per parte sua ha solo sfiorato verbalmente Salvini. I suoi predecessori hanno fatto ben altro, hanno sconquassato governi (il governo Berlusconi nel 1994, involontariamente, per colpire Mastella, quello di Prodi nel 2008), ministri, parlamentari.
Ovviamente i colpi non hanno riguardato solo Berlusconi, ma sono scesi “per li rami”. Cosentino aveva la gravissima colpa di aver fatto fare a Forza Italia in Campania passi da gigante sul terreno dei consensi. Per questo è entrato nel mirino e oramai, fra abuso in atti d’ufficio, concorso esterno in associazione mafiosa, traffico d’influenze illecito è facilissimo, specie nel Sud, da parte dei Pm più aggressivi e faziosi azzerare un uomo politico. Per di più, genialmente il governo Letta ha eliminato il finanziamento pubblico, ma, come ha dimostrato il trattamento riservato ad alcuni dei finanziatori della fondazione di Renzi, è facilissimo affermare che un contributo privato deriva da precisi interessi economici perché una (determinata) operazione economica viene gestita o influenzata dalla personalità politica a cui quella fondazione fa riferimento.
Nunzia De Girolamo è la vittima di una “coda” del bombardamento su chiunque facesse parte del mondo berlusconiano. Un sistema così perverso non poteva non produrre una distruzione della politica intesa nella sua dimensione “alta” e per ciò che riguardava la qualità della classe politica. I grillini sono il prodotto finale di questa distruzione della politica e della qualità della classe politica. Il paradosso è che ciò sta avvenendo quando l’Italia deve affrontare la più grave crisi della sua storia dal 1945, una pandemia finora senza vaccino che sta provocando migliaia di morti (finora 36.000 morti, di cui 180 medici: queste cifre se le devono mettere bene in testa i grotteschi negazionisti che fra luglio e agosto hanno fatto danni a non finire anche fornendo ai giovani pessimi esempi) e una gravissima recessione. Quindi oggi l’Italia affronta recessione e pandemia con la più mediocre classe politica della sua storia. Ciò riguarda sia la maggioranza (con qualche eccezione individuale nel PD e in Italia Viva), sia l’opposizione (anche in questo caso con una serie di eccezioni individuali).
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