Ieri quindi è successa una cosa alquanto singolare: dopo aver mandato a processo Salvini sul caso Gregoretti, la maggioranza al Senato non ha dato l’autorizzazione a procedere contro di lui sul caso Open Arms, gemello del Gregoretti. Praticamente un doppio avvitamento con carpiato. Salvini al momento è salvo dal processo (ma ci sono le forche caudine dell’Aula, ben più minacciose della giunta per le autorizzazioni a procedere che ha deciso ieri) e chissà se è stato graziato per ragioni tattiche o strategiche. Certo è che il contestuale terremoto che sta scuotendo il potere giudiziario e il potere mediatico in Italia deve aver avuto delle ripercussioni sulle scelte della maggioranza.Scelte alquanto contraddittorie, per la verità. Gli stessi che qualche tempo fa hanno mandato a processo Salvini per sequestro di persona, ieri lo hanno salvato perché agì “per interesse pubblico con la condivisione del governo”. E anche se questa volta la giustizia è apparsa in forma di carota anziché di clava, non si possono non vedere nel caso dell’ex ministro dell’Interno tutte le incongruenze di una confusione fra poteri che è balzata proprio in questi giorni agli onori delle cronache con il caso Palamara.

Come ben spiegato da Piero Tony, ex procuratore di Prato e autore del libro “Io non posso tacere” in un’intervista con Maria Latella e Simone Spetia su Radio 24, “l’unico processo che funziona in Italia è il processo mediatico”. Lo dice un magistrato, e così è. Tanto che bisognerebbe chiedersi quanto è distorto un sistema in cui vige la separazione dei poteri ma in cui la politica, e cioè la faziosità al suo apice, viene incaricata di assolvere o condannare un imputato – quindi ad agire come giudice – per fargli subire un processo giudiziario quando quello vero, quello mediatico, si è già celebrato. Dispiace ricordare che solo al Riformista il fatto che la maggioranza politica usasse arbitrariamente la giustizia per mandare a giudizio il capo dell’opposizione era parso quantomeno bislacco. Il punto però è un altro. Se Salvini agì nell’interesse pubblico con la condivisione del governo sul caso Open Arms, nel caso Gregoretti i parlamentari che votarono a favore dell’autorizzazione a procedere hanno reso falsa testimonianza?

La risposta a questa domanda è senz’altro sì. Non perché ci sia una qualche prova in proposito, ma per il semplice fatto che le diverse decisioni su Open Arms e Gregoretti dimostrano che in un atto ufficiale (una votazione) si può affermare una cosa e il suo esatto contrario, fregandosene del merito e pensando solo a garantirsi una sopravvivenza politica in barba persino all’evidenza. E’ un giustizialismo à la carte, così come esiste il garantismo à la carte, quello che si applica sempre agli amici e mai ai nemici. Quando difendevamo le prerogative di Berlusconi presidente del consiglio accusavano noi di Forza Italia di essere proprio questo, garantisti à la carte. Io credo che nel tempo abbiamo dimostrato il contrario. Il garantismo o è o non è, non può avere sfumature. è un criterio, non una circostanza. Nel comportamento assunto su Salvini dalla maggioranza invece di sfumature ce ne sono state troppe, tutte quelle che servono per tenere ben salde le terga sulla poltrona che le ospita.