Possibile che ci siano ancora bambini chiusi in carcere? Possibile che non si riescano a trovare luoghi alternativi? Il Riformista aveva già sollevato questi interrogativi a giugno scorso, affrontando il tema delle detenute madri con figli al seguito. E ora torna a riproporli alla luce degli effetti che la pandemia sta scatenando all’interno degli istituti di pena, dell’assenza di provvedimenti mirati nei decreti del Governo e alla luce delle ultime statistiche del Ministero della Giustizia secondo cui, dalla scorsa estate, i bambini in carcere sono addirittura aumentati. Ebbene sì, mentre i contagi si diffondono, il numero di piccoli costretti a vivere in una cella anziché diminuire aumenta.

E in Campania è più alto che altrove. Negli istituti di Lauro, Pozzuoli e Salerno si contano, secondo dati ministeriali aggiornati al 31 ottobre scorso, complessivamente otto detenute madri (tre delle quali straniere) con figli al seguito, per un totale di dieci bambini. Si tratta, quindi, di dieci piccoli, che hanno meno di tre anni d’età e vivono in cella con le loro mamme, costretti a scontare una condanna per una colpa mai commessa. La loro casa è una cella, con poca luce e le sbarre alle finestre. Spazi e affetti sono ridotti al minimo e le giornate hanno sempre gli stessi ritmi. L’orizzonte è una linea vicinissima, i suoni e i colori sono pochi e sempre uguali: grigio alle pareti e rumore di ferraglia ogni volta che una cella si apre o si chiude. Le prime parole che si apprendono sono “apri”, “fuori”, “aria” e le prime regole non sono quelle della libertà e dell’esperienza, ma della reclusione e della privazione. E non basta certo qualche giocattolo o una ninna nanna a restituire loro quel diritto all’infanzia negato e calpestato.

«Come Commissione per l’infanzia e l’adolescenza visitammo poco dopo la costituzione della Commissione l’Icam di Lauro, struttura dove ho avuto modo di tornare anche successivamente – racconta la deputata Gilda Sportiello, membro della Commissione – Nel dicembre 2019, con il collega Paolo Siani, ho invece visitato la casa di Leda a Roma, un bene confiscato con tre donne, con una pena inferiore a quattro anni, e quattro bambini, lontani da una classica situazione di detenzione, in un contesto molto più vicino a un ambiente comunitario in cui i bambini e le loro madri hanno la possibilità di vivere una condizione sicuramente meno repressiva». Una soluzione alternativa, quindi, sulla carta sarebbe possibile. «Fu allora – continua Sportiello – che decidemmo di depositare una proposta di legge per superare il modello dell’Icam a favore di un contesto molto più simile a quello della casa famiglia».

Intanto i dati ministeriali fotografano una realtà ancora difficile. «Nessun bambino dovrebbe vivere la detenzione – conclude Sportiello – È chiaro che, soprattutto in un’emergenza come quella che stiamo vivendo, bisogna adottare misure specifiche per le madri detenute con i loro figli». E allora non resta che raccogliere il grido dei garanti: «Bisogna agire presto». In Italia si contano 31 detenute madri e 33 bambini. La percentuale maggiore è in Campania: a Lauro, istituto a custodia attenuata, ci sono sei detenute con sette bambini in totale; nel carcere femminile di Pozzuoli c’è una detenuta con due figli al seguito; nella casa circondariale di Salerno ancora una con un figlio. Totale dieci bambini costretti a vivere dietro le sbarre.

In Lazio e Piemonte se ne contano in tutto sei, in Lombardia quattro. E se si confrontano i dati di ottobre con quelli degli anni scorsi, si nota che il dato attuale, a eccezione del picco nel 2018 (14 bambini nelle celle campane), è superiore a quello degli ultimi anni: nel 2016 solo due bambini, nel 2017 tre, nel 2019 sette. A rendere la situazione più drammatica c’è il fatto che siamo in periodo di pandemia e sembra quasi paradossale che mentre si discute di come svuotare al più presto le carceri in vista del diffondersi dei contagi (102 detenuti positivi a Poggioreale, 55 a Secondigliano, 7 a Santa Maria Capua Vetere, uno a Salerno, 5 a Benevento), il numero di detenute madri con figli al seguito è in aumento.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).