Prima l’invito a “combattere, combattere, combattere”, poi il desiderio espresso affinché Donald Trump sia “presidente a vita”, infine il gesto che solleva il polverone. Steve Bannon arringa la platea del Cpac, ma il suo braccio teso diventa un caso e sulla conferenza dei conservatori americani cala il gelo. L’ideologo del movimento Maga respinge le accuse di aver fatto il saluto nazista, ma l’imbarazzo è forte e colpisce anche Jordan Bardella, tanto da spingerlo a rinunciare al suo intervento. In Italia il centrosinistra va all’attacco e chiede a Giorgia Meloni di prendere la stessa decisione del presidente del Rassemblement National.

Il collegamento (in dubbio) di Meloni

“Dopo questo fatto, ci chiediamo dove voglia portare l’Italia Meloni, nella sua incapacità di scegliere tra la maglietta dell’Italia e il cappellino di Trump. Altro che ponte con gli Usa, si sta dimostrando già una vassalla. Abbia la decenza di dissociarsi da questo raduno neofascista per fare, una volta tanto, gli interessi dell’Italia”, attacca la segretaria del Pd, Elly Schlein. Il forfait della presidente del Consiglio, escluso in un primo momento, ora diventa un’ipotesi. Meloni dovrebbe intervenire in videocollegamento questa sera verso le 19:15, ma la sua partecipazione da remoto potrebbe saltare.

Sul fronte ucraino tutto tace. Meloni – essendosi schierata chiaramente sin dai tempi dell’invasione, quando occupava in solitaria i banchi dell’opposizione – ritiene di non essere obbligata a rincorrere la competizione della dichiarazione pro-Kiev. La sua sembra essere una strategia calibrata sul mantenimento dell’asse con la Casa Bianca e la difesa de facto delle richieste ucraine. Convinta del fatto che adesso è necessario evitare lo scontro, la polemica e soprattutto quel clamore che potrebbe danneggiare la diplomazia. Sempre su questa linea va letto il comunicato diramato a seguito del confronto con il primo ministro canadese Justin Trudeau, che da Meloni ha ereditato lo scettro del G7, in cui la presidente del Consiglio – soppesando ogni parola – ha fatto trapelare quale sia la sua linea.

La posizione sull’Ucraina

“La telefonata – scrive la nota di Palazzo Chigi – ha consentito anche uno scambio di vedute sui principali temi dell’attualità internazionale e sugli ultimi sviluppi del dossier ucraino”. A tal proposito, Giorgia “ha ribadito che la priorità per l’Italia è la stessa del resto d’Europa, dell’Alleanza atlantica e di Kiev: fare tutto il possibile per fermare il conflitto e raggiungere la pace”. E c’è una precisazione finale, una chiosa da non sottovalutare: “Il presidente Meloni ha anche ricordato come siano stati il sostegno occidentale insieme al coraggio e alla fermezza ucraina a precostituire le condizioni che rendono possibile parlare oggi di un’ipotesi di accordo. L’Italia, insieme agli Stati Uniti e ai suoi partner europei e occidentali, lavora per una pace duratura in Europa, che necessita di garanzie di sicurezza reali ed efficaci per l’Ucraina”.

Una rassicurazione per Zelensky e un messaggio chiaro per chi ponesse dubbi sulle intenzioni e la fermezza del governo italiano. Sul protagonismo europeo Meloni sembra scettica, anche perché il vertice di Parigi non ha di certo contribuito a smussare questa sensazione. La Ue è un puzzle complesso, e del resto usiamo il termine “Europa” per semplificare, perché mai come in questo frangente si avverte tutta l’inconsistenza delle istituzioni europee di fronte a una prova concreta della Storia.

L’incognita Germania

Sul futuro stesso dell’Europa poggia l’incognita del voto tedesco e da qui la futura posizione della Germania. Una vittoria di Merz e della Cdu/Csu per Meloni potrebbe essere l’occasione per ampliare il raggio della sua strategia anche sul fronte della guerra, visto che Berlino si oppone (come l’Italia) all’invio di truppe sul suolo ucraino. Ma Giorgia sembra prediligere la cautela, evitando passi falsi e salti nel buio che rischiano di compromettere i nuovi equilibri con gli Stati Uniti e il lavoro di questi anni. E resta in attesa del prossimo vertice di Parigi, questa volta però ampliato alla luce della richiesta dell’Italia.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.