Almeno 300 arresti
Brasile sotto attacco, la polizia riprende il controllo dopo l’assalto al Parlamento: Bolsonaro prende le distanze dai suoi sostenitori
Fine dell’assalto: ristabilito l’ordine in Brasile. È tornata sotto il controllo delle autorità la situazione nel gigante Sudamericano dopo che i manifestanti a sostegno dell’ex Presidente Jair Bolsonaro hanno assaltato ieri il Congresso e altri edifici sede delle istituzioni. Dopo settimane di paura, voci e retroscena si è alla fine avverato l’attacco che era stato paventato e minacciato dopo la netta e legittima elezione di Inácio Lula da Silva alle ultime elezioni. L’ex Presidente aveva comunque contestato i risultati e migliaia di suoi sostenitori si erano accampati da giorni nei pressi del Parlamento, nella Capitale Brasilia.
Si temeva insomma una versione sudamericana dell’assalto messo in atto due anni e due giorni fa dai sostenitori di Donald Trump, ex Presidente degli Stati Uniti, al Congresso americano. E così ieri i manifestanti hanno sfondato le barriere intorno all’edificio del Parlamento e hanno fatto irruzione all’interno. Assaltato anche il Palacio do Planalto, il Palazzo Presidenziale, e la Corte Suprema Federale. I manifestanti avvolti in bandiere del Brasile e vestiti di magliette verdeoro hanno danneggiato le infrastrutture spaccando finestre, occupando i seggi, provando a dare fuoco alla moquette. Scontri con le forze dell’ordine, lanci di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti lanciati anche dagli elicotteri. Erano circa 15mila, virali in tutto il mondo le immagini delle irruzioni e delle devastazioni fin dentro la sede della plenaria,
Il ministro della Giustizia Flavio Dino ha dichiarato intorno alle 21:00 che la polizia aveva ripreso il controllo di tutti i tre edifici governativi. Almeno 300 gli arresti secondo la Polizia Federale. Per Riccardo Cappelli, secondo quanto riporta Cnn, un funzionario nominato dal Presidente Lula di gestire i disordini, la situazione è rientrata. “Tra poche ore ricominceremo le operazioni. Tutto sarà debitamente indagato”. Il Presidente Lula, che si trovava a San Paolo al momento dell’assalto e che si è insediato soltanto una settimana fa, ha definito “fascisti” tutti i manifestanti e ha annunciato un decreto di emergenza che consentirà al governo federale di intervenire e attuare “qualsiasi misura necessaria” per riportare l’ordine nella capitale e che resterà in vigore fino al 31 gennaio.
Le tensioni erano state evidenti già durante una campagna elettorale molto dura e nei primi giorni dopo il voto, quando sostenitori dell’ex Presidente avevano messo in atto blocchi stradali e altre proteste contro il risultato. Bolsonaro, che a due mesi dalle urne non ha mai riconosciuto la vittoria di Lula, ha condannato l’assalto con un tweet. “Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia. I saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come quelli di oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali”. I suoi sostenitori chiedevano un intervento militare per rimuovere Lula. Polemiche per l’apparato di sicurezza che ha permesso l’assalto: licenziato e arrestato il segretario alla sicurezza del distretto federale Anderson Torres, ex ministro di Bolsonaro; criticato il nuovo ministro della Difesa José Mucio Monteiro che aveva definito “espressioni democratiche” le manifestazioni pro-bolsonaro.
Senza mezze misure il giudizio del politologo Ian Bremmer che in un tweet sui social aveva definito Bolsonsaro il Trump dei Tropici. “Senza l’attacco di due anni fa nella capitale americana oggi non avremo assistito a questa insurrezione. Ma i ribelli falliranno a Brasilia come hanno fallito a Washington”. Bremmer ha detto al Corriere della Sera che “l’attacco è stato più massiccio, ma è avvenuto di domenica, quando tutti quei palazzi erano vuoti. Questo ha reso probabilmente più facile reclutare ribelli disposti ad esporsi nell’assalto. Ma ha anche reso meno letale la sommossa”. Polizia ed esercito sono inoltre leali al nuovo presidente, “non vogliono un colpo di Stato e tutti i partiti brasiliani hanno subito condannato questa aggressione. Tutto ciò, almeno nell’immediato, rafforzerà Lula: fin qui ha evitato di reagire con durezza alle proteste e agli accenni di rivolta. Se ora chiederà ai militari di intervenire, certamente lo faranno per difendere la legalità. Mi aspetto anche una crescita della sua popolarità”.
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