E’ stato il Tribunale superiore elettorale (TSE) del Brasile a bloccare definitivamente le idee revansciste di Jair Bolsonaro. Il presidente uscente, infatti, nei giorni scorsi aveva presentato un ricorso per contestare il risultato elettorale che lo aveva visto cedere lo scettro al suo avversario Lula, vincitore, di misura, delle ultime elezioni che si sono tenute in Brasile il 30 ottobre. Proprio ieri Bolsonaro aveva dichiarato che le elezioni erano state truccate, colpa – a suo dire – di alcune delle 287 mila urne elettroniche nuove, che avrebbero presentato delle incongruità rispetto al primo turno.

Il Tribunale, che aveva concesso al partito di Bolsonaro 24 ore per presentare prove concrete di quanto dichiarato, ha però respinto il ricorso del PL. E non solo. Come riferisce il portale di notizie Uol, il presidente del TSE Alexandre de Moraes ha anche inflitto a quel partito una multa di 22,9 milioni di reais (oltre 4,1 milioni di euro) congelando i conti delle formazioni politiche, compreso il PL, che integrano la coalizione “Pelo Bem do Brasil” di Bolsonaro.

Di fronte alla decisione adottata a tempo di record dal TSE, si legge sempre sul portale, “il PL ha affermato in una nota di aver già attivato il suo ufficio giuridico per analizzare la decisione di Moraes“.

Per settimane, dopo la vittoria di Lula, si sono susseguite in tutto il Paese le proteste dei sostenitori di Bolsonaro, che hanno creato non pochi disordini nelle principali città del Brasile. Disordini – che Bolsonaro non ha mai esplicitamente condannato, tranne quando ha chiesto la revoca di tutti i blocchi stradali che mettevano a rischio l’economia e del Paese nonché la sua filiera commerciale -, causati anche dalla folla riunita davanti alle caserme dell’esercito per chiedere l’intervento ‘federale’: un golpe, in poche parole, ma con l’astuzia di omettere la parola ‘militari’.

Chiara Capuani

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