Stanno facendo il giro del mondo le parole che la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha pronunciato in conferenza stampa in Guatemala. “Voglio essere chiara con le persone di questa Regione che stanno pensando di intraprendere quel pericoloso viaggio verso il confine tra Stati Uniti e Messico: non venite. Non venite – ha dichiarato – Se verrete al nostro confine, sarete rimandati indietro”. E quindi sono partiti immediatamente i tentativi di strumentalizzazione e di paragoni con l’ex Presidente Donald Trump, anche da parte di politici italiani.

È scoppiata una polemica a livello mondiale. Sulla questione migratoria Trump, predecessore di Joe Biden alla Casa Bianca, aveva costruito gran parte della sua campagna elettorale del 2016 agitando la costruzione di un muro con il Messico – interrotta da Biden. La sinistra americana lo aveva sempre attaccato duramente sul tema. La vicepresidente, che si era mostrata come tra i senatori più a sinistra durante il suo mandato, è la prima donna vicepresidente degli Stati Uniti, oltre a essere stata prima donna procuratore generale della California e prima afro-asioamericana ad essere eletta al Senato. È nata a Oakland, California, da madre indiana e padre di origine giamaicana. Per tutto quello che rappresenta la sua storia, la sua elezione ha rappresentato un simbolo.

Con Biden, in campagna elettorale, aveva promesso di porre fine alla “vergogna morale e nazionale dell’amministrazione precedente”. Nel gennaio del 2020 una carovana con migliaia di migranti con bambini, donne e anziani partita dall’Honduras attraversò il confine tra Guatemala e Messico per arrivare al confine con gli USA. Quelle immagini fecero il giro del mondo. Un’altra carovana, tra settemila e novemila persone, è partita sempre dall’Honduras lo scorso gennaio ma è stata bloccata, con violenti scontri, nel sud del Guatemala. Il viaggio dall’Honduras al confine con gli Stati Uniti è lungo circa duemila chilometri.

Perciò le dichiarazioni di Harris, alla sua prima visita ufficiale all’estero, in conferenza stampa con il presidente guatemalteco Alejandro Giammattei, hanno fatto molto discutere. Da fine marzo la vicepresidente è stata incaricata da Biden di occuparsi della questione migratoria: materiale esplosivo che tutte le ultime amministrazioni hanno affrontato senza mai trovare soluzioni soddisfacenti. Harris ha sottolineato nel suo discorso la linea della nuova amministrazione, ovvero che ci sono “strade per un’immigrazione legale e sono queste che vanno percorse”. E ha aggiunto che il Presidente Biden “vuole aiutare i guatemaltechi a trovare speranza in patria”. Parole parafrasate da molti come una specie di “aiutiamoli a casa loro”. La Casa Bianca ha pensato di investire 4 miliardi di dollari in 4 anni nelle economie dell’America Centrale.

In questo momento i Repubblicani accusano l’amministrazione Biden di essere troppo permissiva ai confini mentre l’ala più a sinistra dei Democratici osserva che non si è verificato nessun grande cambiamento rispetto al più recente passato. Biden aveva dichiarato che la politica dell’accoglienza era tra le sue primissime priorità e a febbraio ha annunciato la sua riforma per regolarizzare l’immigrazione clandestina con green card subito, cittadinanza in tre anni per i cosiddetti “dreamer”, i lavoratori agricoli e persone con uno status di protezione temporanea, mentre 11 milioni di “clandestini” dovranno affrontare un percorso più lungo di otto anni. L’amministrazione si è mossa finora in maniera piuttosto causa sul tema, anche se è aumentato il numero dei rifugiati accolti, quello degli stagionali e degli studenti, escluso i minori che attraversano il confine non accompagnati dai genitori dal Titolo 42 – voluto da Trump per vietare tutti i viaggi “non essenziali” per limitare i rischi di contagio da coronavirus -, obbligando l’accoglienza e la valutazione della loro richiesta d’asilo. È stata quindi cancellata la pratica di separare i genitori dai figli nei centri di detenzione per immigrati irregolari e si è lavorato ai ricongiungimenti con i genitori.

Il sistema di accoglienza degli Stati Uniti è stato comunque messo in difficoltà dal grande afflusso di migranti tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021. A gennaio 2021 hanno attraversato il confine 78.442 persone, a febbraio 100.441: quasi il triplo rispetto al 2020. La pandemia da coronavirus e due uragani che si sono abbattuti sull’America Centrale hanno infatti peggiorato la situazione economica e sociale in Paesi come Guatemala e Honduras. Il viaggio in carovane numerose è stato una misura adottata negli ultimi anni dai migranti in cerca di accoglienza e lavoro per evitare aggressioni e forzate i blocchi.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.