Rapida e violenta come un fulmine, la pandemia lascerà un drammatico segno anche sulla sanità campana. Mentre cominciava a riprendersi dai dieci anni di commissariamento che l’ha obbligata a tagli lineari sulla sua organizzazione, eccola a contatto con l’emergenza Covid. “Ci volevano un virus e una tragedia che nel Nord Italia è stata drammatica – nota Antonio De Falco, segretario regionale della Cimo – per capire che in sanità abbiamo tagliato dove non si doveva. Stiamo superando l’emergenza in maniera comunque raffazzonata, ma è il momento di organizzare un futuro più efficiente”. Tredicimila e cinquecento i vuoti negli organici dei distretti e degli ospedali a causa del blocco del turn-over che non ha consentito di sostituire medici, infermieri e impiegati amministrativi che lasciavano il lavoro. Quando si accusa un mal di pancia o una febbre insistente, il front office – il primo contatto per chi non sta bene – è rappresentato dal medico di famiglia.

“Durante quest’emergenza, sicuramente sbagliando, i medici di famiglia sono stati quasi messi da parte. Non hanno avuto le protezioni individuali – chiarisce Pierino Di Silverio, vice segretario regionale dell’Anaao Assomed – e nessuno si è preoccupato di indicare linee guida”. Riprendono posizione, tornano in prima fila i medici di medicina generale grazie a un accordo sottoscritto con la Regione alla fine dell’anno scorso e i loro studi diventeranno presto le sedi di cooperative alle quali parteciperanno più sanitari che, con segretarie e infermieri, lavoreranno sei giorni su sette dalle 8 alle 20. Sono 4mila circa in Campania e, con i collegamenti telematici, ogni medico di famiglia sarà in contatto con il distretto di appartenenza per garantire, personalmente o con la collaborazione di un collega, l’assistenza ai propri pazienti. La pandemia ha riportato in prima linea il 118 la cui organizzazione, apprezzabile dal punto di vista umano e sociale, è però traballante.

“Parlando di assistenza territoriale non si può dimenticare il 118 – ricorda Lino Pietropaolo, segretario provinciale della Cisl medici – perché il personale impegnato nel trasporto infermi ha lavorato tantissimo durante la pandemia da Coronavirus. Ma donne e uomini sono bistrattati, quasi dimenticati dall’organizzazione sanitaria che continua a utilizzare precari mentre medici, infermieri, autisti e chi è impegnato in centrale meriterebbero certezze sul proprio futuro”. I sindacati propongono il ‘largo ai giovani’ medici di famiglia per garantire la meritata pensione a chi ha dedicato la propria vita all’assistenza, mentre uno screening attento e severo sulle ditte che garantiscono in convenzione il trasporto infermi potrebbe permettere al 118 e alle eliambulanze di avere dipendenti finalmente inquadrati nel mondo della sanità regionale. La situazione è preoccupante perché finora nessuno ha dedicato la propria attenzione all’assistenza territoriale che in ogni Asl affida ai distretti.

“Servono soldi, uomini e macchinari per farli funzionare. Per anni i distretti sono stati ridotti e mortificati – accusa il segretario regionale della Cimo – invece dovrebbero essere in attività sette giorni su sette e per almeno dodici ore al giorno”. Pierino Di Silverio, giovane dirigente nazionale dell’Anaao, va oltre proponendo soluzioni più funzionali ai cittadini: “Un distretto deve lavorare come un ospedale garantendo assistenza 24 ore su 24. Sono sorpreso della loro chiusura il sabato e la domenica e credo che questa inattività sia provocata dalla cronica carenza di personale. No, non va bene. Su questo fronte la Regione deve assolutamente investire”.

Milioni di euro sono stati spesi per realizzare tre ospedali modulari da 120 posti letto a Ponticelli, Salerno e Caserta: la pandemia è ancora in corso, il problema Coronavirus ci accompagnerà per mesi o per anni mentre in città abbiamo alcuni ospedali chiusi o inutilizzati. “Mi sembra a questo punto logico che in Campania – incalza il rappresentante dell’Anaao – ci siano tre strutture, vicine a tre ospedali, interamente dedicate a problematiche infettive come il Coronavirus”. A Napoli l’Ospedale del Mare ha attivato solo metà dei suoi posti letto; quello degli Incurabili e l’Ascalesi sono fuori gioco per lavori in corso o perché si preparano a diventare giganteschi cantieri.

I due Policlinici della Federico II e della Vanvitelli garantiscono un pronto soccorso per poche e “selezionate” specialità, caratteristica che li rende unici nel mondo universitario italiano. Non si bloccano programmi, studi, progetti per il dopo Covid. La Regione ipotizza la realizzazione di un nuovo San Paolo nella zona di Cavalleggeri, mentre gli staff strategici di aziende sanitarie e ospedaliere si preparano a stilare nuovi piani aziendali. “Per la sanità servono soldi, uomini e mezzi – ripete Antonio De Falco – Sento parlare di nuovi progetti, ma non ho visto realizzare i piani aziendali del 2017. Dobbiamo tenere gli occhi aperti perché la pandemia ha creato gravi problemi economici che mi auguro non frenino lo sviluppo della sanità locale”.