Quando non sono i produttori di petrolio o la speculazione internazionale a far salire i prezzi dei carburanti, ci si mette il Governo che recepisce una direttiva europea in tema di armonizzazione fiscale e impatto ambientale. A partire dal 15 maggio 2025, è entrato in vigore il “riallineamento” delle accise sui carburanti. Il provvedimento dell’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni prevede una riduzione delle accise sulla benzina di 1,5 centesimi a litro e un contemporaneo aumento delle stesse sul diesel sempre per 1,5 centesimi a litro. Questa misura mira a eliminare la storica disparità fiscale tra i due carburanti, considerata un “sussidio ambientalmente dannoso”, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e del piano REPowerEu.

Le nuove accise di benzina e diesel, quanto peseranno sull’economia delle famiglie

Si tratta di un provvedimento che differenzia il carico fiscale sui carburanti. Con le nuove regole, le accise complessive sulla benzina scenderanno a 71,34 centesimi per litro; quelle sul diesel saliranno a 63,24 centesimi per litri. Un carico che, secondo molte associazioni dei consumatori, porterà i costi per ogni nucleo familiare a circa 110 o 120 euro l’anno per un pieno. Secondo alcune stime, lo Stato italiano incasserà circa 370 milioni di euro in più l’anno. Questi soldi dovrebbero essere destinati al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, aiutando così la mobilità sostenibile. Anche se una parte di queste risorse è stata già impegnata per aumentare il contratto nazionale di lavoro per i lavoratori del trasporto locale. In cinque anni si tratta di una cifra che supererà il miliardo e mezzo di euro e che sarà “pagata” interamente dai cittadini che hanno un’auto diesel.

Non trova riscontro, infatti, la tesi secondo la quale l’aumento delle tariffe si sarebbero annullate tra loro per due motivi. Anzitutto perché ogni cittadino italiano non ha a disposizione un’automobile diesel e una a benzina. Quindi non si può “compensare” l’incremento che già si registra alla pompa. La compensazione è una operazione che si può fare sui grandi numeri e che può semplicemente are il Governo. Il singolo contribuente che ha in uso una macchina diesel pagherà di più. Il secondo motivo è che in Italia si consumano ogni anno 28 miliardi di litri di diesel rispetto agli 11 miliardi della benzina. Il rapporto è quasi 2,5 litri di diesel per un litro di benzina. E’ dunque evidente l’impatto finanziario sulle tasche dei cittadini.

L’effetto sostituzione che in Italia non si ottiene

Ancora una volta a partire da Bruxelles per arrivare a Roma si fanno scelte di natura ideologica ma i cui impatti concreti non sono stati ben stimati. Anche perché, come l’economia insegna, l’aumento dei prezzi alla pompa colpisce i cittadini in maniera asimmetrica. La domanda di carburanti, infatti, è anelastica. In parole povere: chi utilizza l’automobile lo fa per esigenze personali non per “comodità”. L’aumento dei prezzi non scoraggerà il suo uso ma semplicemente farà lievitare la bolletta energetica del sistema. L’effetto “sostituzione” in Italia non si ottiene. Esso consiste nello stimolare l’utilizzo di mezzi pubblici e lasciare a casa il mezzo di trasporto privato. Cosa praticamente impossibile nel Belpaese come ben sa chi ha a che fare con il trasporto pubblico. L’inefficienza del “tpl” uniti alla media di uno sciopero al giorno impone ai cittadini di sfruttare la propria macchina.

Obiettivo Green Deal

Il risultato? Un matematico trasferimento di risorse dai consumi generali allo Stato. Come questi soldi poi saranno spesi è un mistero visto che la spesa pubblica italiana è tra le più inefficienti che esistono al mondo. La direttiva sul riequilibrio delle accise è del 2003. Essa è stata poi potenziata con il programma Green Deal europeo e grazie al piano REPowerEu. Bisognerebbe capire a cosa pensavano i vari Governi italiani che hanno affrontano la questione quando si è paventato il trasferimento del costo delle accise dalla benzina al diesel. Chissà se qualcuno di loro ha riflettuto che questi 370 milioni di incassi in più all’anno sarebbero stati pagati dal cittadino normale. Ricordiamo, per dovere di cronaca, che l’aumento dell’accisa sul gasolio non si applica al carburante commerciale utilizzato per il trasporto merci con veicoli Euro V ed Euro VI di massa complessiva superiore a 7,5 tonnellate, per i quali resta in vigore l’aliquota dedicata di 403,22 euro per mille litri. Tutti gli altri invece dovranno pagare: con buona pace per gli intenti di mantenere l’inflazione sotto controllo.

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