Un canovaccio sempre uguale, arresti in serie di spacciatori con circostanze simili che sono finiti tra le carte dell’inchiesta sulla Levante, la ‘caserma degli orrori’ di Piacenza dove i carabinieri arrestati sono accusati di spaccio, pestaggi ed estorsione.

GLI ARRESTI FOTOCOPIA – Basta controllare i verbali firmati dai militari per accorgersi che qualcosa non torna: i pusher si trovano sempre nei pressi della caserma, praticamente colti in flagranza con l’obbligo di arresto immediato e, soprattutto, sono tutti particolarmente violenti e aggressivi. Una circostanza che permette così ai militari di rispondere con forza e giustificare così i segni delle violenze. Un quadro che emerge anche dalle cronache locali, con quasi un arresto a settimana a partire dal 2017.

Come scrive Repubblica, a insospettirsi per primo è il colonnello Stefano Piras, comandante provinciale dell’Arma. Per questo dal 2018 al 2019 l’appuntato Montella, il militare considerato dagli inquirenti il leader del gruppo, riduce le operazioni. Poi in fase di lockdown, dal marzo 2020, gli arresti riprendono e così le torture e i pestaggi ai danni degli spacciatori non compiacenti.

MONTELLA SI ‘VANTAVA’ CON UN PUSHER – Dalle carte dell’inchiesta ‘Odyssesus’ emerge ancora una volta il ruolo dell’appuntato Giuseppe Montella. A parlare di lui già lo scorso gennaio davanti agli investigatori è il giovane pusher marocchino che passava le informazioni ai carabinieri infedeli della caserma Levante di Piacenza.

Lo spacciatore racconta di averlo conosciuto anni prima, perché faceva il preparatore atletico di una squadra di calcio di cui aveva fatto parte. “Principalmente parlavo con Montella, il quale mi diceva che comunque tutti gli altri carabinieri della stazione erano ‘sotto la sua cappella’, compreso il comandante Orlando… alcune volte ho parlato anche con Falanga”, è il racconto dello spacciatore, citato dall’Ansa.

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