O Giovanni Nistri è sfortunato, e allora bisogna solo sperare che la congiuntura negativa passi alla svelta, o c’è qualcosa che non funziona, dopo l’ennesimo episodio di carabinieri arrestati, nella gestione del personale da parte del numero uno dell’Arma?  Sul banco degli imputati, dopo la maxi retata di questa settimana, è finita infatti la “catena di comando” dell’Arma che, per anni, non si è accorta di quanto stava accadendo all’interno della stazione di Piacenza-Levante. Mai nessun sospetto, ad esempio, sullo stile di vita dell’appuntato Giuseppe Montella, per gli inquirenti il capo della banda dei carabinieri “infedeli”. Montella, pur guadagnando 30mila euro (lordi) l’anno aveva un parco auto degno dello juventino Juan Cuadrado: in 15 anni ha collezionato un garage di 11 auto, compreso un Porsche Cayenne turbo, e 16 moto.

Il controllo del personale, un tempo il fiore all’occhiello dell’Arma, è finito in secondo piano. Uno dei motivi potrebbe essere la girandola di trasferimenti a cui sono sottoposti i comandanti. L’amministrazione Nistri si contraddistingue per una turn-over incessante dei capi. In particolare gli ufficiali. Il nuovo corso di viale Romania prevede che i comandanti restino nell’incarico soltanto lo stretto indispensabile. Due o tre anni al massimo, e poi si riparte verso nuove avventure. Il caso “Piacenza”, però, è unico. Dal 2017, anno in cui sarebbe iniziata la “particolare” gestione Mottella, ad oggi, al comando provinciale della città emiliana si sono avvicendati ben tre comandanti: i colonnelli Corrado Scattaretico, Michele Piras e Massimo Savo. Uno all’anno.

Savo, arrivato a Piacenza lo scorso autunno, alla notizia della retata ha dichiarato che si è trattato di “un colpo al cuore”, cadendo di fatto dalle nuvole. Ma è anche comprensibile. Con i ritmi serrati imposti da Roma c’è appena il tempo di prendere possesso dell’ufficio, attaccare i calendari dietro la scrivania, che è già arrivato il momento di salutare il personale ed andar via. La giostra dei trasferimenti non è stata interrotta neppure dal micidiale Covid-19. Mentre gli italiani erano prigionieri in casa, a viale Romania si lavorava alacremente per trasferire anche quest’anno centinaia di comandanti.

Ieri la nuova girandola, stavolta decisa non per motivi burocratici ma di immagine. Si è deciso il trasferimento del comandante provinciale Stefano Savo, del comandante del reparto operativo Marco Iannucci e dell comandante del nucleo investigativo Giuseppe Pischedda. Nistri è arrivato al vertice dell’Arma all’inizio del 2018 con il compito di voltare pagina dopo la gestione di Tullio Del Sette. Il suo predecessore aveva terminato il mandato sotto il fuoco incrociato delle Procure. Plurimputato per reati contro la Pa, Del Sette è stato il primo comandante generale, dopo circa 220 di storia dell’Arma, ad essere finito sotto processo.