È un quadro devastante per la reputazione dell’Arma dei Carabinieri quello che emerge dalle carte dell’inchiesta ha portato ieri all’arresto di sei militari della caserma Levante di Piacenza, nell’inchiesta della locale Procura che vede indagate oltre 20 persone accusate a vario titolo di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali, peculato, abuso d’ufficio e falsità ideologica.

“Faccio un po’ fatica a definire questi soggetti dei carabinieri. Non c’è stato nulla o quasi nulla di lecito, per quello che abbiamo potuto percepire”, aveva detto ieri in conferenza stampa la procuratrice capo di Piacenza, Grazia Pradella, ed è evidente il perché.

I PESTAGGI – Come emerso dall’indagine, i carabinieri gestivano una fiorente attività di spaccio con la collaborazione di pusher compiacenti. Chi non si adeguava alle regole, cedendo parte dei proventi, veniva picchiato all’interno della caserma stessa, sequestrata dalla Procura, caso unico in Italia. Il 27 marzo 2020 uno degli episodi più cruenti, quando la squadra arresta uno spacciatore nigeriano.

Il trojan installato capta quindi l’immagine del sospetto pusher ammanettato sul terreno, con accanto una pozza di sangue. I carabinieri sono preoccupati per un pestaggio forse andato troppo in là. “Ragazzi, prendetegli lo scottex che abbiamo nella palestra così si pulisce”, dice uno dei militari, mentre l’altro commenta: “Quando ho visto la chiazza di sangue ho detto ‘mo l’abbiamo ucciso”.

Un secondo episodio risale invece all’8 aprile scorso, quando uno dei militari colpisce un presunto pusher albanese, dicendogli che quello sarebbe stato solo il primo schiaffo: “Allora tu non hai capito che qua non comandi un ca…, questo è il primo della giornata, siediti là e non rompere i co…, se trovo qualcosa a casa sono mazzate per te”.

LA GRIGLIATA COL LOCKDOWN – E’ il giorno di Pasqua, con l’Italia ancora blindata per le misure anti-Covid, ma uno dei militari indagati trova normale fare una grigliata nella sua villa e pubblicare le foto sui social. L’assembramento viene segnalato da una vicina alla stazione dei Carabinieri, i colleghi quindi arrivano con una pattuglia e parte anche l’intercettazione. “La pattuglia te l’ho mandata perché non sapevo che era casa tua”, dice il militare che si presenta nella villa del collega arrestato. “Voglio capire un attimo se è la mia vicina, giusto uno sfizio che mi volevo togliere”, replica il carabiniere. “Te la faccio sentire abusivamente, non ti preoccupare”, la risposta del collega del 112.

LA FESTA CON LE ESCORT – Non è un reato, ma l’episodio della escort in caserma rappresenta comunque un esempio delle condotte in sfregio alle regole dei carabinieri arrestati. Nelle carte dell’inchiesta finisce infatti un festino con paio di escort tenuto nell’ufficio del comandante della caserma, finito ai domiciliari.

GOMORRA IN CONCESSIONARIA – Uno dei carabinieri indagati racconta, venendo intercettato, un episodio simbolo dell’indagine: come era riuscito a farsi consegnare un’auto all’interno di una concessionaria di Treviso. “Hai presente Gomorra? Le scene di Gomorra. È stato uguale e io ci sguazzo in queste cose. Tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato”. Il militare infatti aveva minacciato e picchiato uno dei dipendenti della concessionaria, facendosi consegnare una Audi A4 fiammante per soli 10mila euro destinata al suo complice in affari.

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