La vicenda di Piacenza, dove la Procura locale ha scoperto la ‘Caserma degli orrori’ dei carabinieri, è “un fatto enorme e gravissimo che ricorda la vicenda di mio fratello Stefano”. A dirlo è Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il 31enne morto nell’ottobre 2009 mentre era sottoposto a custodia cautelare e che ha visto due carabinieri condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale (altri 2 sono stati condannati per falso).

In merito all’indagine sulla caserma Levante, con sei carabinieri arrestati e 20 indagati a vario titolo per traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali, peculato, abuso d’ufficio e falsità ideologica, Ilaria Cucchi ha chiesto di “andare fino in fondo, non si facciano sconti a nessuno come hanno dimostrato magistrati coraggiosi nell’indagine sulla morte di Stefano”.

Ilaria Cucchi è tornata quindi su un classico refrain quando vengono scoperti casi simili, ovvero quello delle “mele marce”. Per la sorella di Stefano bisognare dire “basta” perché “i casi stanno diventando troppi. Il problema è nel sistema: mi vengono in mente i tanti carabinieri del nostro processo che vengono a testimoniare contro i loro superiori e mi chiedo con quale spirito lo facciano quando poi spuntano comunicati dell’Arma subito dopo la testimonianza come nel caso del loro collega Casamassima”.

Sul caso di Piacenza è intervenuta anche Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi, morto nel 2005 quando aveva 18 anni durante un controllo di polizia. Per quella vicenda nel 2012 vennero condannati quattro agenti: provocarono infatti la morte del ragazzo montandogli sulla schiena nel tentativo di immobilizzarlo. Oggi la mamma di Federico ha laconicamente commentato su Twitter: “Quanti cesti di mele marce abbiamo accumulato?”.

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