Anche l’Arma dei carabinieri ha il suo Frank Serpico: il maggiore Rocco Papaleo, comandante della compagnia di Cremona. Sarebbe stato lui, come affermato dagli inquirenti, a dare il via con le sue dichiarazioni all’indagine Odysséus, conclusasi con la maxi retata dei carabinieri della stazione di Piacenza-Levante che, per anni, avrebbero trasformato una tranquilla caserma di provincia nel set emiliano di Narcos di Netflix. Repubblica ieri ha anche pubblicato una foto dell’ufficiale che fino al 2013 aveva prestato servizio presso il nucleo operativo di Piacenza. Chi ha avuto modo di parlare in queste ore con Papaleo ha, però, ascoltato una storia molto diversa. Papaleo, infatti, non avrebbe mai presentato alcuna denuncia sulle condotte illecite dei militari di Piacenza in Procura o presso comandi di polizia. Secondo quanto appreso dal Riformista, nei mesi scorsi, Papaleo avrebbe invece ricevuto l’invito da parte di altri operatori di polizia di svolgere indagini sui suoi ex dipendenti. Papaleo avrebbe declinato la proposta, senza farne poi cenno con i suoi superiori.

Ma non solo. Durante le indagini, e qui il condizionale lascia il campo all’indicativo, non è mai stato interrogato come persona informata sui fatti. Questo dettaglio, non proprio insignificante, prelude altre “anomalie” nella conduzione dell’inchiesta. La prima, certamente, è il sequestro di una caserma dell’Arma, fatto mai accaduto dal 1814, anno di fondazione della Benemerita. La seconda è l’irrituale conferenza stampa della guardia di finanza, a cui non ha partecipato alcun ufficiale dell’Arma, celebrata mercoledì in violazione di qualsiasi regola deontologica in materia di comunicazione giudiziaria.Sorprende, poi, che vi abbia partecipato il procuratore di Piacenza. Le linee guida emanate dal Consiglio superiore della magistratura nel 2018 fanno a pugni con il power point colorato con i colori istituzionali, il giallo ed il verde, della guardia di finanza e farcito oltre misura di estratti di intercettazioni telefoniche senza ora e data. Ogni slide di presentazione delle intercettazioni fra i carabinieri era preceduta dalla frase: “Si rendevano responsabili dei reati di..”. Affermazione molto poco aderente al dettato di Palazzo dei Marescialli che prevede, nel fraseggio da utilizzare, “il rispetto della presunzione di non colpevolezza”. La risposta da parte dell’Arma alla retata di mercoledì è stata debolissima, limitandosi al solito refrain del comandante generale Giovanni Nistri che saranno presi “provvedimenti” nei confronti di tutti i militari coinvolti.

Nessun accenno, invece, al fallimento dell’azione di comando che ha permesso, eventualmente, la commissione delle condotte contestate. Nistri, pur potendo contare su un numero di dirigenti senza precedenti, 10 generali di corpo d’armata, 168 fra generali di divisione e di brigata, circa 600 colonnelli, pare aver ormai perso il controllo dell’Istituzione. Il governo, il suo mandato scade a fine anno, è invece pronto a confermargli la fiducia, prorogandolo nell’incarico. Tutt’altro scenario, invece, per i “canarini”, come vengono chiamati affettuosamente i finanzieri. La guardia di finanza è la forza di polizia emergente. Da corpo che si occupava delle verifiche degli scontrini, gestisce ora le indagini più importanti. Sono stati i finanzieri del Gico che hanno condotto il Palamara gate. Ed un finanziere, il generale Gennaro Vecchione è la persona più ascoltata, dopo Rocco Casalino, da Giuseppe Conte.

La finanza si sta preparando adesso a sferrare il colpo del ko. Oggetto del contendere è la direttiva europea del 2019 sul contrasto della criminalità finanziaria che l’Italia deve recepire entro l’anno. L’articolo 3 della direttiva affida a ciascuno Stato membro il compito di scegliere quale forza di polizia potrà avere accesso ai dati dell’Archivio centrale dei rapporti finanziari, gestito dall’Agenzia delle entrate, e a quelli dell’Ufficio informazioni finanziarie (Uif), gestito dalla Banca d’Italia. L’Uif riceve e analizza tutte le segnalazioni di operazioni sospette (Sos) ricevute da banche, finanziarie, money transfer, gestori di carte di credito. L’Uif ha gestito lo scorso anno 105.789 segnalazioni. Le indagini in materia di criminalità organizzata e sui reati contro la pubblica amministrazione non possono fare a meno di queste informazioni. Indagini che sono destinate ad aumentare nel post Covid, con la mafia pronta a infondere capitali freschi per rilevare attività in difficoltà.I carabinieri hanno capito l’importanza è stanno facendo pressing.

La precedente riforma delle norme antiriciclaggio aveva già tarpato le ali all’Arma, attribuendo grande potere alla Dia (Direzione investigativa antimafia) e al nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza. Escludendo, ad esempio, il Ros, il fiore all’occhiello dei reparti investigativi dell’Arma. Senza l’accesso agli schedari i padroni della polizia giudiziaria sarebbero dunque finanzieri. Il governo parrebbe intenzionato a delegare tutto alla finanza, concedendo al massimo di fare accertamenti solo ex post, non nella fase delle indagini, alle altre forze di polizia. Le conseguenze sarebbero disastrose: tutte le indagini più importanti, quelle che vanno sulle prime pagine dei giornali, sarebbero esclusiva della finanza. Quale pm, infatti, delegherebbe i carabinieri se questi non possono direttamente accedere agli archivi? Retate come quella della caserma di Piacenza-Levante possono allora scoraggiare chi nel governo abbia idee diverse sul futuro monopolio investigativo della guardia di finanza.