Niente di nuovo sul fronte delle carceri e dell’esecuzione penale. O quasi. Zerocalcare ha appena fatto uscire un libro intitolato Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia e, a milioni, abbiamo nel cuore il bellissimo libro di Erich Maria Remarque Niente di nuovo sul fronte occidentale sui giovanissimi volontari di guerra tedeschi andati a morire senza comprendere le ragioni vere del primo conflitto mondiale che ha insanguinato l’Europa. Niente di nuovo sul fronte delle carceri e dell’esecuzione penale? Sì, niente di nuovo. O quasi.

Sul sovraffollamento degli istituti penitenziari, i dati al 31 ottobre scorso ci dicono che in 47.371 posti regolamentari effettivamente disponibili sono presenti 54.307 detenuti, con un sovraffollamento nazionale effettivo pari al 114,64%. Il dato nazionale va però ulteriormente approfondito. Infatti dei 189 istituti che costituiscono il patrimonio immobiliare carcerario italiano, ben 129 hanno più detenuti che posti disponibili portando il sovraffollamento medio al 128%; 78 istituti hanno un sovraffollamento superiore al 120% con un tasso medio del 142%, fino ad arrivare a ben 20 istituti che hanno un sovraffollamento superiore al 150% con un tasso medio del 163%. Per fare solo qualche esempio tra i più scandalosi, possiamo citare la Casa Circondariale di Brescia- Canton Mobello dove in 189 posti sono accalcati 374 detenuti con un sovraffollamento del 198%; Milano-San Vittore, dove in 486 posti sono “sistemati” 918 detenuti (189%); Foggia, dove in 345 posti ce ne hanno messi 569 (165%) o Napoli-Poggioreale, dove in 1.476 posti sono costretti a vivere 2.242 detenuti con un tasso di affollamento del 152%.

Poi ci sono le carceri “quasi” vuote come in Sardegna sono le case di reclusione di Onani-Mamone (dove 112 detenuti hanno a disposizione 242 posti) e Arbus Is Arenas dove per 53 detenuti presenti ci sono a disposizione ben 126 posti. Da decenni il nostro Stato fa vivere decine di migliaia di reclusi in condizioni inumane e degradanti a causa del sovraffollamento, come sancito nel 2013 dalla condanna che la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha inflitto all’Italia. Da anni il nostro Stato fa finta di niente evitando di approvare una normativa idonea a rimuovere le cause che generano questa violazione sistematica dei diritti umani. E sul fronte della rieducazione prevista dall’art. 27 della Costituzione, cosa c’è di nuovo? Niente di nuovo, o quasi. Alzi la mano chi sa che da 46 anni lo Stato italiano non ha mai attuato quanto previsto dagli articoli 74, 75, 76, 77 e 78 dell’Ordinamento Penitenziario (Legge n. 354/75). Si tratta dei Consigli di Aiuto Sociale, organismi dotati di personalità giuridica che hanno lo scopo di seguire i detenuti fino al loro reinserimento sociale. Il “quasi” sta nell’eccezione del Tribunale di Palermo che ha istituito il primo Consiglio di Aiuto sociale, grazie al suo illuminato Presidente, il Dott. Antonio Balsamo il quale non ha lasciato cadere nel vuoto le nostre proteste per la mancata formazione di tali organismi. Negli altri circondari ricadenti sotto la giurisdizione dei 165 Tribunali italiani, silenzio assoluto, pur in presenza di un’interrogazione parlamentare presentata da Roberto Giachetti che attende da mesi una risposta.

Parlando di “rieducazione” uno si chiede chi svolga all’interno del carcere quest’opera fondamentale. La pianta organica ministeriale dei funzionari giuridico-pedagogici (educatori) ne prevede pochissimi, solo 999! Ma a conti fatti, la dotazione è in realtà di 903 educatori e gli effettivamente assegnati nei 189 istituti sono 710. Questo vuol dire che, in media, ogni educatore dovrebbe seguire 76 detenuti conoscendoli approfonditamente uno per uno. Poi c’è da considerare la distribuzione di quei 710 e qui assistiamo a discrepanze fra istituti che lasciano letteralmente a bocca aperta: si va dagli 11 detenuti per ogni educatore di Arbus e Isili in Sardegna, ai 194 detenuti per ogni educatore di Busto Arsizio, ai 202 per Sulmona, ai 204 per Poggioreale, ai 208 per Velletri! Possiamo essere più tranquilli sul fronte dei Direttori? Nemmeno per sogno! Sono senza direttore le case circondariali di Trapani, Voghera e Arezzo; le case di reclusione di Altamura, Tempio Pausania e San Cataldo; l’Icam (Istituto a Custodia Attenuata per Detenute Madri) di Lauro. 27 Direttori dirigono due istituti, 1 Direttore ne dirige addirittura 3. Nelle carceri più grandi, sono stati ridotti drasticamente i vice-direttori, i quali non di rado hanno incarichi a scavalco. Del resto non si fa un concorso pubblico per i dirigenti penitenziari dal 1996, quindi, da 25 anni! I 45 posti di dirigenti penitenziari messi a concorso il 5 maggio 2020 sono del tutto insufficienti a ricoprire i posti rimasti scoperti dai tanti pensionamenti passati e prossimi. Anche la Polizia penitenziaria sta messa malissimo e chiunque può intuire come la sua presenza sia indispensabile per garantire le attività che dovrebbero svolgersi all’interno delle carceri.

La pianta organica del Corpo degli agenti di polizia penitenziaria, dopo le rideterminazioni della legge Madia del 2015, prevede una dotazione di 41.595 unità per gli istituti penitenziari, il Dap e i Provveditorati. Per gli istituti penitenziari la pianta organica stabilisce una dotazione di 36.777 agenti, ma gli effettivamente assegnati nei 189 istituti sono 32.275 con una carenza di 4.502 unità. Ma anche per il numero degli agenti ci sono realtà diversissime l’una dall’altra. Si passa da situazioni dove gli agenti effettivi sono più dei detenuti presenti come ad Alba, Potenza o Venezia “Giudecca” a contesti come quelli di Siracusa, Rieti, Bollate o Poggioreale dove i detenuti sono il triplo degli agenti. Infine – ed escludendo da questo quadro le problematiche centrali riguardanti la débâcle della sanità penitenziaria o la carenza di altre figure professionali indispensabili per la vita detentiva come gli assistenti sociali, gli psicologi e i mediatori culturali – è utile fornire un quadro anche della magistratura di sorveglianza che dovrebbe essere messa in grado di prendere decisioni tempestive sull’intera esecuzione penale, compresa quella che si svolge fuori delle mura del carcere. Ecco, la già striminzita Pianta Organica, registra una scopertura di 7 Presidenti di Tribunali di Sorveglianza (22 anziché 29) e di 19 Magistrati degli Uffici di Sorveglianza (206 anziché 225). Questo quadro, seppure incompleto, ci racconta moltissimo di quanto le istituzioni italiane tengano in conto il dettato costituzionale sulla finalità delle pene. Principi, che non principiano niente, diceva Marco Pannella.

E, a proposito del “niente di nuovo sul fronte delle carceri”, annuncio la non-notizia della ripresa del mio sciopero della fame a partire dalla mezzanotte di domenica prossima 5 dicembre. Lo faccio soprattutto per me stessa, per ricordarmi in ogni momento che in un Paese democratico quel che avviene nell’inerzia istituzionale ci riguarda tutti. Lo faccio “per” e “con” le ragazze detenute del carcere di Torino che hanno annunciato lo sciopero del carrello dal 17 al 23 dicembre affinché, almeno per Natale, si approvi la proposta di legge Giachetti  sulla liberazione anticipata speciale per tutti quei detenuti e detenute che, nonostante tutto, in carcere si comportano bene, per il bene che vogliono conquistare e alimentare.