A Ponticelli i bambini non sapevano neanche chi fosse Cesare Cremonini. “Gliel’hanno fatto ascoltare le maestre”, confessa una madre che ammette con un filo di pudore come da queste parti i ritornelli che escono dai balconi spalancati e dai finestrini delle auto siano più spesso quelli dei neomelodici Tony Colombo, Raffaello, Rosario Miraggio. La signora però aspetta fuori ai cancelli del Plesso Petrone dell’Istituto Comprensivo 88° Circolo De Filippo con un gruppo di amici e altri impazienti, tutti in attesa: vogliono un selfie. Cremonini è dentro, tra le aule e i corridoi. È venuto a vedere perché, per come, per chi la sua visione La Ragazza del Futuro non era destinata a restare soltanto nelle piattaforme streaming, sui solchi di un vinile, nei live negli stadi ma a volare fino a superare i confini della musica e a planare sui margini delle città.

A Ostia, allo Sperone di Palermo, all’Isolotto a Firenze, a Bologna, a Milano, a Ponticelli appunto. Dove fino a qualche mese fa si sono bersagliati a colpi di agguati, stese, attentati dinamitardi i clan camorristici De Micco e De Luca Bossa. Da dove scattano puntuali e invano gli appelli: per la sicurezza, per i servizi, la scuola, i giovani, il verde, lo sport: l’attenzione delle istituzioni. E dove Cremonini ha piazzato una tappa dei suoi “comizi d’amore” – quest’anno, sarà un caso, il centenario dalla nascita di PPP – e di futuro che ha battezzato “Io vorrei” – citazione a metà tra la prima canzone che ha scritto, neanche maggiorenne, e il singolo Colibrì dall’ultimo album La ragazza del futuro.

Progetto sviluppato con l’artista Giulio Rosk e con la collaborazione di Intesa Sanpaolo. I fini: la riqualificazione urbana, lo sviluppo di laboratori creativi, la collaborazione con le scuole. Cremonini si è sentito stretto nelle logiche della musica e la sua Ragazza l’ha fatta diventare, oltre un incontro a tappe verso l’altro e verso i margini, anche qualcosa da stampare sui muri delle periferie: murales che raffigurano volti di bambini del quartiere, “i cui occhi rappresentano lo sguardo del futuro”. Che bello, bellissimo certo, ma fuori ai cancelli c’è una madre che minaccia: “Chiamatemi la preside, qua fuori c’è da tagliare l’erba, guardate com’è brutto”. La grottesca contestazione sfuma mentre qualcuno, come sempre in questi casi, si vergogna un po’, fa battute e disapprova da solo la sua scelta di aspettare sotto il sole per il solito motivo: un selfie. I giornalisti si guardano tra loro e chiedono oltre il cancello blu: “Esce? Entriamo noi?”.

Esce esce: a mano a mano con i bambini, in fila per due e indiana fino al murales, a circa 300 metri. È mucchio selvaggio. Cremonini prende per mano e poi in braccio un bambino, e tutti a scattare. “Uà, si proprj Rafaèle o’famoso!”, dicono gli amichetti di Raffaele Giusti, il bambino di Ponticelli scelto dai suoi compagni di classe e dai docenti per rappresentare il quartiere, l’umanità, il futuro. “Sai quante ragazzine potrai portare a vedere il murale?”, dice il cantautore che cantava di non essere un latin lover.

Troppa gente, troppi selfie. Si torna a scuola. E Cremonini spiega così la sua Futura personale, non solo una canzone, non un disco ma un progetto stratificato: “Quando visito posti come questi mi aspetto di dare una speranza e invece sono i bambini a darmi un senso di speranza e di gioia, quelle che raddrizzano la barra dei valori anche a noi adulti”. Non chiamatelo artista impegnato però, engagé, non è mica il Novecento. “La mia più che una canzone politica è una canzone civile, è diverso, un’idea di civiltà collettiva. Per me è naturale alla mia età, dopo 22 anni di carriera, far riferimento nelle canzoni a una responsabilità civile, a un contatto con la realtà”. E per i ragazzi del futuro, si fa abbastanza? “No. Col tempo ho imparato che le scelte politiche sono quelle che cambiano la società: possono fare tanto gli artisti, le associazioni, ma è la scelta politica a cambiare davvero le cose”.

Qualcuno fuori ancora aspetta per un selfie. “Parlate anche dei nostri bambini però, parlate del quartiere”, chiedono le mamme fuori. A Napoli Cremonini ha scritto La fine del mondo, inclusa nell’ultimo disco, altra prova del legame con la città che, come ha detto in passato, “secondo me va guardata sempre, più di tutte le altre, perché è un centro culturale da cui stanno nascendo e continuano a nascere grandi artisti, è come un laboratorio che non conosce soste. Ci parla anche nei sogni. Va ascoltata”. E dove vorrebbe tornare in concerto – tappa non prevista nel tour imminente -, nello stadio Maradona, con la maglia del Pibe de Oro (stagione ‘85/’86) che gli hanno regalato ieri. E dove, a questo punto, ci potranno essere anche i bambini di Ponticelli: quelli che nel corridoio zompettavano e cantavano 50 Special. Il wunderkind della musica italiana a suonare per i ragazzi del futuro. Appuntamento che si spera solo rimandato.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.