Al terzo giorno di un’estenuante trattativa che ha messo in discussione il senso stesso di un’Unione Europea divisa come non mai, tra Paesi “Mediterranei” e quelli “Frugali”, la speranza ha improvvisamente assunto la faccia del presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, promotore dell’accordo che ha salvato il Recovery Fund. E la tenuta dell’Unione.  Il piano, finalizzato a mettere in sicurezza l’economia europea dopo la crisi provocata dal Coronavirus, dovrebbe prevedere un investimento di 750 miliardi complessivi: 390 stanziati sotto forma di sussidi e altri 360 di prestiti. L’Italia, gravemente colpita dall’emergenza sanitaria, è il Paese che maggiormente beneficerà di questa operazione: 209 i miliardi totali, 82 tramite sussidi e 127 in prestito. Questa soluzione supererebbe la precedente proposta della Commissione europea che prevedeva 81,8 miliardi a fondo perduto e 90,9 a titolo di prestiti.

Michel ha inviato la nuova bozza a tutte le delegazioni dopo aver sondato e ottenuto l’approvazione dei vari leader europei, in particolare i rappresentanti dei “Paesi frugali”, cioè Olanda, Svezia, Austria e Danimarca. I veri avversari dell’Italia e del fronte “mediterraneo” su tutta la vicenda Recovery Fund. Il primo ministro olandese Mark Rutte aveva insistito fino a ieri notte sull’istituzione del “super freno di emergenza”, cioè la possibilità per ogni Paese membro del Consiglio Europeo di rallentare ed eventualmente bloccare l’erogazione di fondi a favore di uno Stato che non soddisferebbe alcuni criteri di spesa. Tutto il dibattito è stato monopolizzato dallo scontro tra i Paesi del Mediterraneo come l’Italia, la Spagna e il Portogallo, sostenitori di un piano di aiuti ingente, incentrato sui sussidi e liberato da “condizionalità” e ingerenze da parte della Commissione Europea e lo stesso Consiglio, e i “Paesi frugali”, storicamente più rigoristi e promotori di un Recovery Fund meno dispendioso e con aiuti concessi solo agli Stati che motivano spese e promettono riforme. Alla base di questa linea dura, che ha pure unito governi liberali, conservatori e socialisti, c’è la volontà dei Paesi del Nord di non sostenere più gli Stati profondamente indebitati come l’Italia, e l’idea di usare la crisi economica e il piano di sostegni comunitari (vincolati) come l’occasione per indirizzare i governi dei Paesi più deboli a imboccare la via delle riforme e dei tagli alla spesa pubblica.

In particolare gli olandesi criticano il sistema pensionistico italiano, ritenuto nel nord Europa un grande sperpero di denaro pubblico sulla base dell’assistenzialismo spinto. E il provvedimento “Quota 100” di matrice giallo-verde è stato spesso usato in questi giorni a Bruxelles come argomento della nostra inaffidabilità economica. Da qui la volontà dei leader di Olanda, Austria, Danimarca e Svezia di vincolare i fondi del Recovery Fund ad alcune “condizionalità” e al via libera di Commissione e Consiglio, con diritto di veto. Un “aiuto” ritenuto scomodo da Roma, Madrid e anche Parigi, con Emmanuel Macron alleato dell’Italia in questa partita. Il ruolo egemonico di Francia e Germania è stato messo in discussione dai “Paesi Frugali”, che hanno fatto blocco comune e agito in autonomia e con fare dialettico anche con la cancelliera Angela Merkel.

Nel pomeriggio, in attesa della svolta promossa da Michel, il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte si era dichiarato “cautamente ottimista”, invitando l’Europa a smettere di “tergiversare” e guardare “l’ombellico nazionale” per “finalizzare”. Il premier in questi giorni ha tenuto la linea della “solidarietà europea”, invocando “cospicue risorse per l’Italia” e sostenendo la necessità di un Recovery Fund ingente e slegato dal “monopolio dei singoli”. Quindi nessun diritto di veto e lenti d’ingrandimento sui fondi per l’Italia da parte di Rutte e gli altri leader “frugali”. Ma se anche loro, come gli “avversari” Rutte e Sebastian Kurz hanno fatto nel corso delle ore, esprimono soddisfazione per questa ipotesi d’accordo, allora Conte dovrebbe farsi qualche domanda.

D’altronde nella proposta di Michel i piani economici presentati dagli Stati membri devono essere approvati dal Consiglio Europeo a maggioranza qualificata, e le tabelle di marcia e gli obiettivi fissati saranno valutati dal Comitato economico e finanziario, costituito dai rappresentanti dei vari ministri delle Finanze. In questa sede il paese che intende sollevare problemi potrà sollecitare l’intervento del Consiglio Europeo e mettere in discussione i fondi. Quindi lo scontro tra “Mediterranei” e “Frugali” rischia di essere solo rimandato.