Sono le 17,45 quando Alfredo Cospito, l’anarchico di cui lo Stato ha paura, arriva nel carcere milanese di Opera. La “traduzione”, come si chiama nel gergo giudiziario il passaggio di un detenuto da una struttura a un’altra, si è resa necessaria per le condizioni di salute del prigioniero più temuto d’Italia. Non parla, non può nuocere. Ma è temuto come un Golem, come l’immaginifico mostro che può prendere corpo dalla polvere.

Colpevole di aver messo una bomba carta esplosa di notte senza fare né feriti né molti danni, Cospito è ristretto al 41 bis – il regime detentivo più duro d’Europa – e per protesta, in sciopero della fame da cento giorni. La battaglia di Cospito dietro le sbarre, accompagnata da quella di centinaia di manifestanti in tutta Italia e ormai anche in molte città europee, contesta la decisione sul regime di detenzione dura che via Arenula ha fatto cadere sulla sua testa come una ghigliottina: è il solo caso di condannato per terrorismo con il massimo isolamento e le altre afflizioni previste dal 41 bis per l’ergastolo ostativo che deve scontare. Una detenzione efferata. Smisurata. Il centrodestra di governo deve mostrare i muscoli.

Il centrosinistra è distratto dal lungo congresso che priva il principale partito di opposizione di una guida forte. Il Ministro Nordio, preso nella tenaglia di un compromesso complicato, continuo, non sembra dare alla vicenda del leader no Tav la priorità necessaria. Cospito diventa così l’inatteso eroe dell’anarchismo, l’insperato martire No Tav. Il nemico pubblico – a sua insaputa – capace di catalizzare l’antagonismo politico antisistema e dargli nuova linfa. Come facilmente prevedibile, le piazze si infiammano. Dando vita a decine di singoli episodi, dall’auto incendiata a Berlino al Consolato italiano di Barcellona, vandalizzato venerdì notte. All’incendio di un ponte radio a Torino. E innescando una autentica guerriglia nel quartiere romano di Trastevere, domenica sera. Dopo una serie di scontri, cariche e inseguimenti, il bilancio è di 41 identificati in Questura, denunciati a piede libero.

A seguire, due bottiglie Molotov artigianali sono state lanciate all’interno del parcheggio del commissariato Prenestino. Non ultimo di una sequela di eventi: ancora ieri, cinque auto aziendali Fiat Fiorino con la scritta Tim sulla fiancata sono state incendiate a Montesacro, quadrante Nord-Est della capitale. Le esplosioni delle auto, date alle fiamme usando liquido incendiario, hanno risvegliato gli abitanti del quartiere. Rivendicazione anarchica. È in questo clima che ha parlato il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Sotto le sue finestre, decine di anarchici protestano da una settimana.

“Su espressa indicazione dei medici dell’Asl di Sassari è stato disposto il trasferimento di Alfredo Cospito nella Casa circondariale di Milano Opera”. La premier Giorgia Meloni è inamovibile: “Lo Stato non si fa intimidire”. E Piantedosi precisa. “Cospito è un personaggio di discreta pericolosità”. Nordio prende timidamente le distanze dicendo: “La salute è una priorità assoluta anche per i malati al 41bis”. L’ex Guardasigilli e oggi deputato Pd, Andrea Orlando, stigmatizza la rigidità del governo sul 41bis per l’anarchico: “Dico che tutto ciò che è possibile fare per riconsiderare quella scelta è utile per due ragioni: evitare la morte di una persona, che è un dato che non mi sono mai trovato a fronteggiare. L’altro – prosegue Orlando – è che probabilmente Cospito vuole proprio questo, che le organizzazioni anarchiche rischiano di rafforzarsi ulteriormente se Cospito dovesse diventare un simbolo, un martire di una causa, a dimostrazione del fatto che lo Stato esercita una funzione in modo autoritario piuttosto che seguire in modo stringente un principio di umanità”.

Nel Pd si apre una riflessione. Manca una voce autorevole, il principale partito dell’opposizione è alle prese con un lungo congresso interno. Il deputato sassarese del Pd Silvio Lai, che è anche medico, prova a sintetizzare la posizione, convinto che lo Stato adesso deve mostrare umanità: “Ora spetta al ministro Nordio affrontare con responsabilità anche il secondo aspetto. Verificare se permangono le condizioni del regime di 41bis per un detenuto che è stato condannato all’ergastolo ostativo per un crimine che non ha provocato alcun ferito. È una decisione da assumere con solerzia applicando le norme che già ci sono. Recedere dal regime 41bis non significa dare ragione a chi in queste ore si sta macchiando, in giro per l’Italia, di reati che vanno avversati e condannati. Avere fermezza non pregiudichi il fatto che regole e garanzie costituzionali siano applicate a tutti, senza farsi condizionare da alcunché”.

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.