Farmaci dall’effetto anestetico e miobloccante dati intenzionalmente a pazienti Covid tanto da procurare la morte di due di loro, di 61 e 80 anni. È l’accusa che ha portato all’arresto di Carlo Mosca, primario facente funzioni del pronto soccorso all’ospedale di Montichiari, in provincia di Brescia.

Avrebbe agito con il duplice motivo di liberare posti letto e allentare la pressione del reparto, secondo le testimonianze raccolte tra il personale sanitario. Il medico, ora ai domiciliari, deve rispondere delle accuse di omicidio volontario e falso in atto pubblico. I fatti risalgono allo scorso marzo, quando la prima ondata pandemica aveva intasato le strutture ospedaliere, alle prese con un nemico nuovo e sconosciuto.

Le indagini, partite da alcune morti sospette dopo inspiegabili aggravamenti delle condizioni di salute dei pazienti, hanno portato oggi al fermo del dottore. Si trova agli arresti domiciliari, perché il gip ha rilevato il rischio di inquinamento delle prove e quello di reiterazione del reato. Mosca, intanto, avrebbe preso atto delle indagini di cui era già a conoscenza. In particolare, sono stati gli esami autoptici e tossicologici a far emergere, all’interno di tessuti e organi delle salme riesumate, tracce di un farmaco anestetico e miorilassante comunemente usato nelle procedure di intubazione e sedazione ma che, se utilizzato fuori da specifici dosaggi e procedure, può portare alla morte.

Di questi farmaci però non ci sarebbero tracce nelle cartelle cliniche delle vittime, come invece avviene per i pazienti poi effettivamente intubati, cosa che avrebbe portato a ipotizzare la volontarietà del gesto.

Originario di Cremona, Mosca era arrivato agli Spedali di Brescia – struttura a cui è collegato l’ospedale di Montichiari – prima come studente e poi come medico, lavorando da subito in pronto soccorso. Dopo un passaggio a Mantova, nel 2017 era rientrato nell’ospedale del bresciano venendo assunto nel 2018. Qui era diventato uno degli ‘eroi’ della prima ondata, gestendo con il personale locale, quasi 600 pazienti Covid.

“Ho appreso la notizia ma al momento non posso esprimere alcun giudizio anche perché non sono medico. Conosco però il grande lavoro svolto da tutti i medici e dal personale infermieristico, Asa e Oss dell’ospedale di Montichiari che dallo scorso marzo, quando la pandemia ha colto impreparato il mondo intero, si sono prodigati con turni di lavoro massacranti per salvare vite umane e, tra questi, per primi, gli operatori del pronto soccorso”, ha ricordato il sindaco di Montichiari, Marco Togni.

In un’intervista rilasciata lo scorso giugno al Corriere della Sera, Mosca aveva ricordato il periodo di massima criticità vissuto durante la prima ondata del coronavirus: “A casa avevo una bambina di sette anni che il distacco l’ha sofferto. Nelle telefonate stanchezza e ansia emergevano, all’inizio c’erano anche degli sfoghi”. Un mese difficile quello dello scorso marzo quando l’obiettivo era quello di lavorare “per cercare di salvare più vite possibili”.

A emergenza passata, durante il periodo estivo, aveva ammesso come sentisse ancora il fischio dell’ossigeno delle tubazioni dei pazienti in terapia intensiva: “Lo sento ancora – aveva detto -, anche adesso che è tutto spento”.

Redazione