Gli elicotteri hanno svegliato il quadrante a Sud di Roma, quando i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma, hanno dato esecuzione a un’ordinanza che dispone le misure cautelari nei confronti di 28 persone indiziate, di reati di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, di tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso, ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale.

Tra queste anche Marcello Colafigli, finito ancora in carcere, a 70 anni: socio fondatore e irriducibile della Banda della Magliana. Operava ancora nel traffico di droga, adorato dai suoi uomini proprio in virtù del suo passato è stato per vent’anni al comando della malavita nella Città Eterna e fino ad oggi comandava una batteria di pusher, smerciando coca dalla Spagna e dalla Colombia in affari con ‘ndrangheta, camorra e mafia albanese.

Chi era Marcello Colafigli

Colafigli è stato riconosciuto, insieme a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis, come uno dei fondatori della Banda della Magliana. Ha ricevuto diversi ergastoli, condannato per crimini come il sequestro e l’omicidio del Duca Massimo Grazioli Lante della Rovere e l’omicidio di Enrico De Pedis. Ma fu soprattutto protagonista di un brutale agguato a Roma contro i fratelli Mario e Maurizio Proietti, durante il quale Maurizio fu ucciso. Dopo l’attacco, Colafigli e un complice si rifugiarono sui tetti prima di arrendersi alla polizia. Successivamente, Colafigli cercò di ridurre le conseguenze legali dichiarandosi affetto da infermità mentale, sostenendo di aver subito traumi significativi durante l’infanzia, descritta dalla sorella come segnata da gravi sofferenze: nato prematuro, in seguito alla morte del fratello gemello, e colpito da meningite a due anni e mezzo, è stato affetto da crisi che la sorella ha definito epilessia o acetone.

Un criminale d’eccezione

Fu anche ricoverato in una clinica per malattie nervose nel 1978. Tuttavia, i rapporti degli investigatori lo descrivono come un rapinatore di fama nazionale e un boss della malavita organizzata in varie zone di Roma, grazie anche al suo livello di istruzione superiore (diplomato geometra). Durante la sua detenzione in un ospedale psichiatrico ad Aversa, Colafigli stabilì contatti con Cosa Nostra per il traffico di eroina. A Palermo, per dimostrare la sua affidabilità, offrì i servizi della sua organizzazione per eliminare Gianni De Gennaro, futuro capo della polizia, ma il piano fallì a causa del suo nuovo arresto.

Redazione

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