La signora Pezzano vive ancora in Vaticano
Emanuela Orlandi e il dolore di mamma Maria, la pizza, la partita dell’Italia e le parole a Papa Wojtyla: “Quando torna mia figlia apriamo regalo”

Maria Pezzano è la mamma di quattro figli, compresi Emanuela e Pietro Orlandi che ha rilanciato in tv (dicendosi poi “dispiaciuto”) un audio e pesanti insinuazioni su presunti giri di pedofilia ai massimi livelli del Vaticano. All’indomani del monito di papa Francesco il Segretario di Stato Pietro Parolin ha detto: “La Santa Sede vuole chiarire, arrivare alla verità. Credo che lo si debba innanzitutto alla mamma, che è ancora viva e soffre molto”.
La signora Pezzano è anche nonna, e per i suoi nipoti – soprattutto le tre ragazze di Pietro che sono in prima fila nella battaglia per la verità -, è una figura importante soprattutto dopo la perdita nel 2004 del capofamiglia, il messo pontificio Ercole Orlandi, che morì di crepacuore per non essere riuscito a trovare la sua Emanuela. Ancora oggi nonna Maria risiede in Vaticano, nello stesso appartamento di via Sant’Egidio dal quale “Lellè”, come lei la chiamava, uscì la sera del 22 giugno 1983 e non tornò più.
Nonostante l’età avanzata – come ricorda il Corriere della Sera – non ha mai mancato di far sentire la sua voce, ribadendo nelle interviste di continuare a sperare “nel miracolo di riabbracciare Emanuela” e indossando ai sit-in anche lei la maglietta bianca con il volto stilizzato della figlia e la scritta La verità rende liberi. La signora Maria è una donna del Sud, sorretta da una tempra forte e animata da un proposito: “Non voglio morire senza sapere dove sia Emanuela”.
Il figlio Pietro racconta come sua madre, nata in casa in un paesino dell’Irpinia negli anni ’30, sia venuta a Roma a 18 anni per fare l’infermiera ed abbia conosciuto così suo padre Ercole: “Si conobbero nell’Italia del dopoguerra, quando la felicità erano le corse in Lambretta fino alla rotonda di Ostia, lei con le gambe su un lato e la gonna ben stretta sotto le ginocchia. E si divisero 54 anni dopo, nel marzo 2004, quando il cuore ormai stanco del dipendente vaticano decise che era giunto il momento del commiato”.
La giovane coppia si trasferì presto a casa di nonno Pietro, capofila dei commessi papali, che nell’andare in pensione parlò con il prefetto pontificio, il quale nulla obiettò all’idea di rimpiazzarlo con Ercole, fino a quel momento impiegato come elettricista. Arrivarono i figli tra la fine degli anni ‘50 e i ’60.
Una vita felice fino al 22 giugno 1983. Di quel giorno la signora Maria conserva un ricordo vivido. La mattina aveva deciso di preparare per cena pizza per tutti. Nel pomeriggio, quando Emanuela stava suonando il piano, lei stava in cucina. La sera c’era una Italia-Brasile, e Ercole e Pietro erano interessatissimi. Dalle 21, quando Lellè ancora non rientrava in casa, l’armonia si spezzò. Telefonate, ricerche negli ospedali, i giri per Roma. Così mamma Maria gettò le teglie di pizza nella pattumiera.
“Da quel momento – ha ricordato il figlio Pietro – Mamma Maria era sempre sul divano. Bianca, senza parole. Non voleva uscire, lo choc l’aveva fatta stramazzare”. Le cognate le dicevano: “Maria, prendi le gocce, ti tireranno su”, oppure: “Maria, mangia qualcosa, non puoi stare a digiuno”. Le questioni pratiche – senza più Emanuela – avevano perduto ogni senso.
Ma quando si trattò di confutare la valanga di indizi che le persone in possesso della figlia, o in contatto con i veri sequestratori, fornirono nei comunicati mamma Maria tornò forte in prima linea: l’ostaggio ha sei nei sulla schiena, soffre di pressione alta, è allergica al latte, ha una predilezione per le scarpe di colore bianco etc. Una continua verifica tra bluff e ricordi da riferire agli investigatori.
Maria Pezzano è soprattutto una donna devota. Il 24 dicembre 1983 accolse con emozione in casa il papa Wojtyla, venuto per gli auguri di Natale e per consolarla. Quell’abbraccio è una delle immagini iconiche della tragedia di Emanuela che è rimasta anche nella memoria di Pietro: “Giovanni Paolo II era in piedi, accanto al pianoforte di Emanuela, che ci porgeva i suoi regali: un bassorilievo raffigurante una Madonna e un cesto di dolci. Mia madre gli disse: Santità, non è una scortesia ma un gesto di speranza, questo lo apriremo quando tornerà Emanuela”. Non si è persa neanche la beatificazione il 1° maggio 2011: “Non potevo mancare. Ci è stato vicino quand’era in vita e adesso da lassù, da beato, spero possa fare il miracolo, regalarmi la gioia di riabbracciare mia figlia”.
Il 13 gennaio 2018, quando Emanuela avrebbe compiuto 50 anni, la signora Pezzano scrive una lettera aperta al Corriere della Sera: “Figlia mia, oggi compi cinquant’anni. Dovrei immaginarti con i capelli striati di bianco e qualche ruga in viso, ma non ci riesco. Ti rivedo sempre ragazzina, che mi corri incontro per darmi un abbraccio e un bacio dicendomi ‘ti voglio bene’. Lo aspetto ancora, il tuo abbraccio, così come aspetto da un momento all’altro di sentire le prime note del Notturno di Chopin che suonavi così bene e mille volte hai provato a insegnare a Pietro. Lui non è riuscito ad andare avanti nell’apprenderlo, così come noi non siamo riusciti ad andare avanti nelle nostre vite da quando t’hanno strappata via. Ti abbiamo cercata per tutti questi anni e continueremo a cercarti. Non ci arrenderemo mai. Finché avremo forza, finché avremo fiato, tu sarai il nostro primo pensiero. La mia speranza, mai sopita, è che chi sa possa avere un rigurgito di coscienza e indicarci come ritrovarti. Auguri Lellè, figlia mia”.
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