Si trovano anche t-shirt, bandierine per automobili, tazze, spille con il volto di Stepan Bandera in Ucraina. Non che tutti siano concordi sulla sua figura: una ferita aperta. Eroe nazionale e collaborazionista dei nazisti, partigiano e sterminatore di polacchi ed ebrei, patriota della Seconda Guerra Mondiale e detenuto in un campo di concentramento. È la figura più controversa della storia recente dell’Ucraina, come si legge sull’Osservatorio Balcani Caucaso. Per l’evocazione della sua figura sia nelle rivolte di Euromaidan nel 2014, sia per l’apologia delle milizie estremiste e anti-russe, sia per gli intenti di “denazificazione” espressi da Vladimir Putin nel lanciare la sua “operazione speciale” sull’Ucraina.

Bandera era nato a Staryi Uhryniv, provincia di Kalus, nella Galizia allora autro-ungarica. Il padre era un sacerdote di rito uniate cattolico. Cresciuto in un clima di patriottismo, fu condannato a morte per aver organizzato l’omicidio del ministro dell’Interno polacco Bronislaw Pieracki. La pena fu commutata in ergastolo e nel 1939 venne liberato, non è chiaro da chi. Si spostò a Cracovia ed entrè in contatto con i leader dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN). Dopo gli attriti con Andriy Melnik formò la fazione rivoluzionaria OUN-B.

Diede vita ai cosiddetti Gruppi Mobili di 5/15 persone che accompagnavano l’avanzata dei tedeschi nazisti verso l’Ucraina orientale. Circa settemila persone vennero reclutate in queste attività per imporre propri attivisti alle istituzioni locali. Quando però Bandera annunciò l’Atto di restaurazione dello Stato Ucraino, un nuovo Stato indipendente, collaborazionista del Terzo Reich, il 3 giugno del 1941, venne arrestato dai tedeschi che non si fidavano del nazionalista né dell’OUN. Dopo essere stato interrogato e detenuto a Berlino Bandera venne portato nel Campo di concentramento di Sachsenhausen in Germania.

E qui il primo sorprendente plot twist di una vita straordinaria: con il collaboratore Jaroslav Stecko – cui era stato riservato lo stesso trattamento – fu rilasciato dalle SS per organizzare attività di sabotaggio ai danni dell’Armata Rossa. Il quartiere generale di Bandera fu basato a Berlino. Sia l’OUN-B che l’Esercito insurrezionale ucraino vennero sovvenzionati dai tedeschi. A questo periodo risalgono le accuse di persecuzioni e crimini perpetrate ai danni di polacchi ed ebrei. Deportati o fucilati.

La famiglia di Bandera fu oggetto di violente e gravi ritorsioni: un tribunale sovietico condannò e fucilò il padre, due sorelle vennero imprigionate in un gulag, due fratelli ad Auschwitz, un altro morì al fronte combattendo contro i tedeschi, una sorella e il cognato deportati in un gulag. La sua posizione apertamente quasi sciovinista lo rese ambiguo sia agli occhi dei nazisti che dei sovietici. Lui stesso venne trovato, all’ingresso di casa a Monaco di Baviera, in una pozza di sangue, apparentemente caduto dalle scale ma ancora vivo, il 15 ottobre del 1959. Sarebbe morto poco dopo in ospedale. Dall’autopsia: avvelenamento. L’operazione venne condotta con un colpo di pistola caricato con fiale di vetro contenenti cianuro di potassio.

Bandera in Germania viveva tra sei diversi appartamenti, consapevole di essere un bersaglio. Aveva anche una guardia del corpo. Del delitto venne accusato il sovietico di origine polacco-ucraina, ex membro dell’Esercito Insurrezionale ed ex agente del Kgb, Bohdan Strachynskyi. Il reo confesso fu condannato a otto anni di reclusione. L’ordine dell’eliminazione, avrebbero ricostruito gli storici in seguito, sarebbe partito direttamente dal leader sovietico Nikita Cruscev. La moglie e i figli di Bandera si trasferirono in Canada, a Toronto.

Dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica, la rivoluzione arancione dei primi anni duemila e le rivolte di Euromaidan, Bandera è assurto per molti allo stato di eroe nazionale. Banderovtsy, i suoi seguaci. Gli sono state dedicate statue e intitolate piazze. La sua casa natale nel villaggio di Stryi è diventata un museo. Il Presidente “arancione” Viktor Juscenko con un decreto controverso gli conferì – “per aver difeso le idee nazionali e combattuto per uno stato ucraino indipendente” – la medaglia di eroe dell’Ucraina alla memoria. Il provvedimento venne annullato dal successore Viktor Janukovic, il presidente cacciato dopo le rivolte di Euromaidan represse nel sangue del 2014.

Condanne senza mezzi termini sono arrivate dalle organizzazioni ebraiche e a più riprese dalla Polonia. Il Senato polacco ha definito “genocidio” i massacri dei polacchi di Volynija sterminati dall’OUN-UPA. Il parlamento ucraino nel 2019 ha respinto nel 2019 una mozione che chiedeva di insignire nuovamente Bandera del titolo di Eroe nazionale. Le milizie nazionaliste, comprese quelle che dal 2014 combattono contro i filo-russi delle autoproclamate Repubbliche del Donbass, esibiscono puntualmente sue effigi. Il primo gennaio cortei e manifestazioni di nazionalisti lo ricordano in occasione della sua data di nascita.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.