“Gli Uccelli” sono un piccolissimo gruppo politico romano nato prima del ’68. In qualche modo, anticipò il sessantotto ma con forme di lotta, di espressione e di denuncia molto originali, surrealiste, un pochino dadaiste, nonviolente. Erano hippy, capelloni, quando ancora tutti i ragazzi, anche di sinistra, erano molto sobri nel vestire. Si opponevano alle chiacchiere nelle assemblee e le contestavano fischiando, uscendo dalle aule e arrampicandosi sugli alberi. Per questo si chiamarono “Uccelli”. Poi, il 19 febbraio del 1968, quando appunto il ’68 ancora doveva iniziare, aiutati dal professor Portoghesi, si arrampicarono sul campanile di Sant’Ivo alla Sapienza e restarono lì, al freddo e senza mangiare, per 36 ore.

Il gesto di protesta fece molto scalpore. Per la verità in cima al campanile salirono solo in tre: Paolo Ramundo, che era considerato il leader del piccolo gruppo, Gianfranco Montalto e Martino Branca (che, tra l’altro, era il figlio del Presidente della Corte Costituzionale). Quando scesero dal campanile, come in un impeto profetico, dichiararono: «È iniziato il sessantotto». Due settimane dopo ci fu la battaglia di Valle Giulia. Loro quel giorno erano chiusi dentro la facoltà di Architettura, attorno alla quale si svolgeva la guerriglia, insieme ad alcune pecore, che avevano acquistato in uno slancio pre-ecologista. A un certo momento, mentre volavano molotov e lacrimogeni, uscirono con le pecore e si diressero verso le Belle arti. Insieme a Ramundo e agli altri due di Sant’Ivo, c’erano solo sei o sette ragazzini, tutti ventenni. Tra loro Paolo Liguori, che aveva il soprannome di “Straccio”.

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