Anche senza volere, a Roma – stretta tra le sue Chiese e i suoi Palazzi di governo – i raduni di piazza diventano qualcosa di assai vicino al carnevale: sospensione e insurrezioni simboliche in cui si cerca, si desidera, un evento di liberazione: tanti corpi – diversi per quantità e qualità: individui, gruppi, ceti, organizzazioni e via dicendo – che manifestano in quanto appunto festa di se stessi e con i linguaggi, i travestimenti, della festa (compresa la disperazione che la motiva). I grandi raduni a San Giovanni per celebrare il lavoro non a caso diventarono anche (sempre più) concerti, canzoni, divertimento. Il simbolo delle sardine ha dunque in sé il gusto della festa, lo scherno (e schermo) gettato contro i potenti. Qualcuno ricorda la grafica protestataria de “Gli Uccelli”? Non a caso architetti: il tempo che è trascorso dal lontano clima sessantottardo adesso si rivela nel salto dalle aule della creatività universitaria alla fluidità dei social. Ma per l’ascesa progressiva delle sardine, questa giornata romana è davvero l’appuntamento più cruciale e più a rischio. Il passaggio tra acque che si potrebbero richiudere senza che abbiano ancora potuto realizzare il loro desiderato esodo. Dunque attenzione! La piazza cresce e per ciò stesso crescono anche tutte le infiltrazioni ideologiche, culturali e comportamentali, che sempre una piazza è costretta a subire, anzi deve, se vuole crescere, ma al tempo stesso ha l’obbligo, se non vuole tornare deserta, di riuscire a filtrare e depurare.

Deve ridurre alla propria ispirazione originaria. Alla propria Fortuna! Il movimento delle Sardine – a trovare la parola giusta sarebbe assai meglio dire emergenza o convergenza, così da non rischiare di adulterarne e deviarne la natura di “passione nascente” – viene visto da tre diverse angolazioni. La prima: quella pesante e ottusa dei quadri tradizionali del conflitto politico tra destra, centro e sinistra, che sberleffano le sardine per la loro ingenuità e incultura e, insieme, per la propria invidia. Per la propria paura di perdere la loro posizione sociale. Forme di snobismo della più irriducibile appartenenza al sistema di interessi che ha sempre più (di)mostrato di agire all’insegna del privilegio: un sistema trasversale, in comune, interclassista, interculturale. La seconda angolazione: quella che, invece, dell’insorgere delle sardine mette in rilievo il grado di innovazione e le possibilità di sviluppare, anzi incubare, contenuti utili ad affrontare la crisi di sistema che va corrodendo dall’interno e dall’esterno ogni tradizionale figura della politica. Penso ad esempio alle posizioni assunte dal senso civile di Marco Revelli e dall’intuito culturale di Giuliano Ferrara. E non solo. Forse c’è allora da sperare che, paradossalmente, alcuni opinionisti afflitti dal carico della propria cultura trovino in essa stessa gli strumenti – e ce ne sarebbero in abbondanza – per superare il proprio qualunquismo erudito.

Infine, la terza angolazione, quella più pericolosa per le varie possibilità (ricorso ai miti della storia o meglio alla loro inarrestabile finzione politica e mediatica) che essa ha di infiltrarsi in un corpo collettivo appena nato come è la folla giovane delle sardine. A questa terza pericolosissima tanto quanto probabile angolazione, a questa prospettiva a bassissimo grado di innovazione e altissimo grado di restaurazione, appartengono immagini e decaloghi che si vanno rafforzando – guarda un po’ – proprio in occasione del raduno nella piazza di Roma, città di rovine materiali e immateriali. Si veda il post messo sui social con la faccia di Enrico Berlinguer. E le attese di Marco Damilano: «Mi aspetto una grande manifestazione a Roma, nella storica piazza della sinistra». Con le sue compiaciute osservazioni sulla “globalizzazione di bella ciao”. Ma si leggano anche i contraddittori tentativi di bozze programmatiche che i leader delle sardine cercano di stendere per due ragioni opposte: resistere alle offerte esterne della politica e insieme soddisfare la necessità di affermare le proprie stesse capacità argomentative proprio in opposizione a un sistema di cui sentono sempre più il fiato sul collo. Forse persino la seduzione? Sono emersi in questi giorni due buoni motivi di riflessione.

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