Scrivendo questa piccola recensione ci mettiamo la faccia, noi underdog alla ricerca di resilienza e di un campo largo, e anche meno. Già, come parla la politica di oggi? Svanita da decenni il culto dell’italiano forbito alla Moro ma anche quello secco e immaginifico di Craxi e persino quello nazional-popolare di Berlusconi, il linguaggio politico di oggi è un miscuglio di gergalità social e immagini facili con sempre maggiore uso di anglicismi.

Ne scaturisce un vocabolario inelegante e spesso oscuro, da addetti ai lavori, per quanto mutuato dai social, dando luogo al “socialese” di cui parla l’accademico della Crusca Michele Cortelazzo in questo “La lingua della neopolitica. Come parlano i leader” (Treccani), uno studio interessantissimo per cogliere le trasformazioni del linguaggio politico (che è in buona misura lo specchio di quelle dei mutamenti della politica tout court).

L’impressione è di un indurimento del parlare dei politici, effetto certo della aggressività tipica del linguaggio dei social ma anche dello scadere della qualità della politica di oggi. Con in più quella certa aria recente basata sul recupero di parole toste e antiche, da “patrioti” a “nazione”. Se cala il livello della politica cade anche quello del linguaggio. E non è una buona notizia.