Oggi si è aperta la Conferenza di Monaco sulla sicurezza. Nell’appuntamento annuale, in cui i “grandi del mondo” si riuniscono per discutere i principali problemi internazionali, anche quest’anno sarà assente la Russia. E anche quest’anno, insieme al conflitto in Medio Oriente, la questione ucraina sarà al centro della “Davos della Difesa”, come viene spesso chiamata. La Ue si presenta all’evento, spiace rilevarlo, con il cappello in mano davanti a Trump. Quasi lo implora, infatti, di non essere esclusa dal futuro negoziato con Mosca. Un rischio reale, nonostante le rassicurazioni di Keith Kellogg, l’inviato speciale Usa. Un rischio su cui pesa lo scarto enorme tra promesse fatte e promesse mantenute nel sostegno finanziario e militare a Kiev. Per non parlare della posizione farisaica di quei paesi, tra i quali spicca il nostro, che gli hanno negato l’uso dei loro missili oltreconfine. Non a caso Zelensky ha fatto capire a Bruxelles, dopo i ringraziamenti di rito, che dell’Europa non si fida molto.

La concezione patrimoniale USA

Gli Stati Uniti, dal canto loro, in linea con la concezione “patrimoniale” della democrazia che ha il “Commander in Chief”, sembrano soprattutto interessati allo sfruttamento monopolistico delle risorse minerarie ucraine (una buona parte delle quali sono però nel Donbas), cruciali per l’industria statunitense (litio, titanio, grafite, gallio, berillio). In questo quadro, Zelensky – nonostante le garanzie date a Trump su questo punto, e nonostante abbia di fatto abbandonato ogni rivendicazione sulla Crimea – può diventare il classico vaso di coccio tra due vasi di ferro. Quando gli è stato chiesto se fosse aperto a colloqui di pace con Putin, ha affermato: “Ciò che conta è la posizione in cui ci siederemo noi al tavolo. Siamo forti? Non ancora. Entreremo nella Nato? Non lo sappiamo. Entreremo nella Ue? Sì, ma quando?”. In verità, ancora nessuno lo sa. Un piano di pace – non tanto eticamente “giusto”, ma basato su un onorevole e quindi accettabile compromesso – può prescindere da una risposta chiara e credibile a queste domande?

Il salone del Cremlino

L’altro vaso di ferro, ovviamente, sta in un lussuoso salone del Cremlino. Putin, bontà sua, ha cessato di minacciare un armageddon nucleare. Per il resto nicchia, pur riaffermando ufficialmente la volontà di annientare il nemico. “L’Urss è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma”: così Winston Churchill, in un discorso radiotrasmesso il primo ottobre 1939, definiva il regime staliniano dopo la spartizione militare della Polonia con la Germania di Hitler. Lo stesso si può dire della Russia di Putin.

Insomma, lo zar ha il gas ed è un abile pokerista, ma “se non vuoi problemi con l’orso russo, non mostrare né paura né aggressività” (proverbio inuit). L’Occidente saprà fare tesoro della saggezza degli eschimesi? En attendant il concerto sulla Piazza Rossa annunciato da Al Bano alla fine della guerra.