È stato respinto il quesito che avrebbe comportato la responsabilità diretta del magistrato in caso di richiesta danni (oggi chi è vittima di errore giudiziario deve far causa allo Stato e lo Stato si potrà rivalere nei confronti del magistrato, ma con diverse limitazioni). Inoltre, disco rosso anche per il referendum che si proponeva di legalizzare la cannabis. La bocciatura che fa più discutere, poi, è quella del referendum definito pro eutanasia ma che in realtà si proponeva di abrogare la fattispecie base del reato di omicidio del consenziente.

Il Presidente Amato ha fatto una conferenza stampa per spiegare le ragioni delle decisioni. Su alcune questioni è stato convincente. Su altre meno. Dove è stato meno convincente è in tema di responsabilità dei magistrati. La posizione della Corte è che il referendum non sarebbe abrogativo, ma innovativo, in quanto nel nostro sistema la regola è sempre stata quella della responsabilità indiretta dei magistrati in quanto è lo Stato a rispondere per loro. Peccato però che le regole vigenti per i magistrati siano un’eccezione assoluta rispetto al più generale principio secondo cui tutti i cittadini, anche quelli che svolgono le professioni più delicate, rispondono direttamente delle loro azioni. Pensiamo ai medici, che svolgono un lavoro ancor più delicato rispetto ai magistrati. La spiegazione che convince di più è quella sull’ eutanasia. Ciò senza esprimere una valutazione di merito, ma restando su un piano squisitamente giuridico.

E’ vero che depenalizzare l’omicidio del consenziente non vuol dire solo aiutare ad avere una fine serena chi è condannato ad atroci sofferenze, significa consentire di uccidere una persona che sta benissimo o legittimare anche perversioni pericolose. Quanto alla cannabis, Amato ha sostenuto che in realtà il quesito era inidoneo in ragione del fatto che riguardava anche la coltivazione di papavero e coca, droghe pesanti. Ciò avrebbe comportato la violazione di obblighi internazionali. Anche su questo la argomentazione convince. E’ inoltre corretto che il Presidente della Corte Costituzionale abbia spiegato pubblicamente le ragioni di decisioni così delicate.

Sulla giustizia i referendum potranno dare una svolta, ma il quesito sulla responsabilità civile era quello di maggiore impatto politico/elettorale, più popolare, di più facile percezione e che avrebbe aiutato di più ad arrivare ad una riforma radicale ed attesa della giustizia. Il “sistema”, purtroppo, può tirare un sospiro di sollievo, questa è la realtà. La via del cambiamento è un po’ più difficile. Per questo i sostenitori del sì dovranno mobilitarsi perché è alta la posta in gioco ed anche i rischi connessi.