In questi giorni lo scontro tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi mi ha fatto venire in mente uno degli oggetti più conosciuti e studiati della geometria euclidea: la retta. La retta, infatti, rappresenta un concetto semplice ma estremamente potente, che trova applicazioni in vari campi del sapere, dalla fisica all’architettura. In geometria, una retta può essere definita come un insieme di punti che si estende all’infinito in entrambe le direzioni. Non ha né inizio né fine e non ha spessore, il che significa che è un oggetto unidimensionale. La retta è generalmente rappresentata in un sistema di coordinate cartesiane con un’equazione lineare del tipo y = mx + q, dove ‘m’ è il coefficiente angolare e q è l’intercetta sull’asse y.

L’estensione infinita

Una delle proprietà più significative della retta è la sua estensione infinita. Ogni retta si estende senza limiti in entrambe le direzioni, il che significa che contiene un numero infinito di punti. Per due punti distinti in un piano, esiste una sola retta che li collega. Questa proprietà è fondamentale per la definizione delle rette e per la costruzione geometrica. Se abbiamo due punti A e B, possiamo sempre tracciare la retta che li unisce. Due rette possono intersecarsi in uno, zero o infiniti punti. Se due rette sono parallele, non si intersecano mai. Se sono coincidenti, si sovrappongono in tutti i punti. Se non sono parallele, si intersecheranno in un unico punto. Due rette sono parallele se hanno lo stesso coefficiente angolare (m) e non si intersecano. Sono perpendicolari se il prodotto dei loro coefficienti angolari è uguale a -1 (m1 * m2 = -1). Queste relazioni sono fondamentali nella geometria euclidea.

Conte e Renzi, due rette parallele

Conte e Renzi nello spazio politico sono decisamente due rette parallele. Non che manchino potenziali punti di contatto, soprattutto sul piano caratteriale. Ovviamente ci riferiamo a quello che si manifesta nell’agire politico, perché i tratti più personali o intimi non li conosciamo e nemmeno interessano. Politicamente appaiono entrambi piuttosto presuntuosi e narcisisti (proprio nel senso di essere innamorati di sé stessi e della propria immagine). Si percepisce anche un odio personale. Si sentono entrambi primi della classe e si detestano. I 5 stelle sono stati all’origine del declino di Renzi e ne hanno determinato prima la sconfitta e poi la caduta.

I punti salienti

Incredibilmente, nel 2019, fu Renzi a incastrare il debole Zingaretti e spingerlo verso un governo con i 5 stelle, con un ribaltamento di maggioranza che vide i 5 stelle di Conte e Di Maio come variabile fissa e la Lega sostituta dal Pd e dal resto del centro sinistra. Poi dopo poco Renzi uscì dal Pd e fondò un suo partito, ma restò nella compagine di governo. Poi fu Renzi, finita l’emergenza Covid, a decretare la fine di quel governo e la chiusura per Conte dell’esperienza di Presidente del Consiglio, sostituito da Mario Draghi.

L’ultima mossa

Ora Conte ha pensato di vendicarsi spingendo Renzi fuori dalle coalizioni che corrono per le regionali di Liguria, Emilia e Umbria. Oddio, quella di Conte sembra una manovra autolesionista (ricordate Tafazzi?), ma la vera vittima è il Pd della silente Elly Schlein. Una nemesi, la sua: i suoi avversari del Pd non si erano accorti di lei e lei non si è accorta dell’effetto devastante dell’abbraccio di Renzi e del populismo qualunquista di Conte. Nel piano cartesiano ormai il campo largo sembra un fascio di rette impazzite, nel quale se ne distinguono due che continuano a non toccarsi.