C’è un modo per evitare l’abolizione della prescrizione ed evitare anche che il governo cada? Il ministro Bonafede ha cercato di impedire che questa doppia circostanza si verifichi, anche se sarebbe suo preciso interesse che si verifichi. Il ministro Bonafede è così: spesso si ribalta in parcheggio.

Sarebbe meglio allora se la questione, seppur con garbo, venisse sottratta alle competenze del ministro, che non è proprio abilissimo, e passasse in altre mani. Quali? Le uniche possibili sono quelle del premier Conte. Il premier Conte è persona di buonsenso, dicono. Purtroppo è uomo praticamente privo di qualunque esperienza politica. Lui faceva l’avvocato nello studio Alpa quando un bel giorno sono andati a prenderlo e lo hanno portato a palazzo Chigi. Diciamo così, a sua insaputa. E l’esperienza politica è una cosa molto utile, e spesso indispensabile, per fare politica. Anche se tutti credono che non sia così: che la politica non sia un mestiere ma una fortuna che se capita capita. E che sia capitata, per esempio, a gente come Moro o Fanfani, o Togliatti o Craxi, o Churchill o de Gaulle. E ora a Conte.

Comunque è inutile girare intorno al problema: Conte non ha molta esperienza ma deve fare di necessità virtù. Lui è un avvocato, ha studiato diritto, lo ha anche insegnato, e ovviamente sa molto bene che in presenza del processo penale più lungo di Occidente (così è in Italia) è una aberrazione togliere una norma elementare di tutela dei diritti dell’imputato come è la prescrizione. Sa che la norma che la abolisce dopo il processo di primo grado è incostituzionale, perché viola l’articolo 111 della Carta. Sa che il problema della prescrizione tutto è meno che un problema urgente, e che quel che è urgente, casomai, è la riforma del processo. Sa però anche che il partito che lo ha portato al governo invece è travolto da un furore ideologico, di sconosciuta origine e natura, che lo spinge a fare dell’abolizione della prescrizione una bandierasanta.

E sa infine che questo partito, al momento, è finito nelle mani del direttore del Fatto Quotidiano, persona del tutto digiuna degli elementi fondamentali del diritto, ma convinto che una società sia tanto più sana quanto più punisce i suoi membri, colpevoli o innocenti, e convinto che abolire la prescrizione sia il modo migliore per aumentare le punizioni, almeno le punizioni morali legate ai tempi infiniti del processo e alle conseguenze devastanti, per le persone, di questi tempi infiniti.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.